L’Istituto Majorana di Seriate Un'avventura tra onde e computer
Due laboratori, novantadue guide, e una pluralità di esperimenti diversi. Con i progetti Spaziando. Suoni e parole intorno al mondo: l’avventura delle telecomunicazioni e L’informatica…senza computer!, l’Istituto Majorana ha regalato ai suoi ospiti un viaggio che ha toccato i satelliti per giungere fino alle costruzioni Lego. Nel mezzo del tragitto, una poliedricità di esperienze pratiche e di curiosi strumenti, per invitare i visitatori a masticare un po’ della scienza che sta nascosta tra le pieghe del nostro quotidiano.
Spaziando…dove? Tra le onde elettromagnetiche, tra i satelliti, gli asteroidi e molto altro. Il progetto con cui l’Istituto Majorana si è ripresentato al festival Bergamo Scienza, dopo ben nove anni di adesione, ha mescolato ingredienti diversi, per offrire un prodotto che unisse originalità e conoscenze complesse, come possono essere complesse la gravitazione e la trasmissione di segnali da parte di un satellite o la produzione di energia elettrica alternata attraverso il galvanometro.
Il percorso si è sviluppato in più spazi della struttura scolastica, ognuno dedicato ad un esperimento scientifico diverso: gli ospiti sono quindi passati dall’osservazione di un panno di acido solforico posto tra i dischetti di rame e di zinco della pila di Alessandro Volta (che favorisce lo spostamento di elettroni) alla dimostrazione pratica del funzionamento della dinamo. Un viaggio, quello curato dal docente Vittorio Falci, composto da sfumature diverse, unite dal fil rouge delle onde elettromagnetiche.
Importante novità di quest’anno, per l’Istituto, sono i satelliti: in un’attività pratica assolutamente originale, i ragazzi guida hanno infatti invitato i visitatori a mettersi letteralmente in movimento. A quale scopo? Quello di simulare, all’interno dell’aula, la gravitazione di un satellite.
L’informatica…senza computer! È possibile spiegare a dei bambini il concetto di sistema binario in modo divertente? Secondo i ragazzi dell’Istituto Majorana sì. È stato questo uno dei temi presentati in L’informatica…senza computer, il secondo laboratorio preparato dalla scuola in occasione della rassegna. L’obiettivo era quello di dimostrare ai visitatori come alcuni meccanismi tipici delle più alte e apparentemente complesse tecnologie siano in realtà riconducibili ad alcuni aspetti del nostro quotidiano.
Per vincere la sfida, sono bastati alcuni pezzi di Lego e un po’ di pazienza. È così che ai ragazzi ospiti è stato spiegato come tra la riproduzione di immagini del computer e la costruzioni di figure Lego, ci sia in realtà il cuore dello stesso, identico software. Durante questo laboratorio, anche il passato è stato reso protagonista; e, precisamente, il passato di circa settant’anni fa. Con la presentazione della Macchina Enigma, uno strumento elettro-meccanico utilizzato dalle forze armate tedesche, utilizzata con lo scopo di cifrare e decifrare messaggi.
Il ruolo dei ragazzi. Le guide, divise tra informatici (40) ed elettronici (52), sono stati volontari provenienti dalle classi che vanno dalle seconde alle quinte. Nonostante i temi su cui si sono concentrati rientrassero nel programma curricolare, l’esercitazione ha richiesto un impegno extra-scolastico in cui, attraverso diverse simulazioni, si sono esercitati per modificare e affinare il prodotto che hanno poi presentano a Bergamo Scienza.
Secondo Gianluca, una delle guide, il Festival ha offerto la possibilità e la sfida di stravolgere i ruoli: «Ci siamo ritrovati ad istruire altre persone, a fare cose che qualche volta avevamo appena imparato, ed è stato strano. Spesso invece si è corso il rischio di credere che alcuni concetti fossero banali e scontati. Comunque, scoprire di riuscire a trasmettere delle nozioni è appagante, ed è la dimostrazione che abbiamo veramente assimilato quella determinata cosa».
Ma trasformarsi in impeccabili guide, secondo uno dei docenti curatori, Salvatore Traina, non è l’obiettivo principale: «Vederli gestire i laboratori in autonomia è gratificante, ma, in realtà, l’auspicio è che i ragazzi vengano messi in difficoltà. È bello sentirgli dire “Questo non lo so”. Ovviamente», ha concluso il professore, «non perché non siano bravi, ma perché bisogna far capire loro che non sempre c’è la risposta a tutto. È importante lasciare una porta aperta. Loro non devono essere degli istruttori, ma stimolare, provocare discussioni. Devono essere, in poche parole, degli animatori scientifici».