Metti un piatto al Lido 84 Cioè il neoclassicismo a tavola
Mi avevano avvertito che pranzare da Riccardo Camanini, al Lido 84 a Gardone Riviera sarebbe stata un’esperienza indimenticabile. Diciamo una di quelle segnanti. E pensare che avrebbe potuto aprire a Bergamo, si racconta che aveva valutato alcune location in città quando ha deciso, qualche anno fa di fare il salto e metterci tutto e solo del suo. Una scelta non particolarmente fantasiosa considerando che il nostro Riccardo Camanini è un bergamasco, di Lovere precisamente, ma è anche vero che ha lavorato lungamente sulle rive del lago di Garda, dove alla fine, giunto il momento di fare il gran salto, è rimasto.
Vista mozzafiato. C’è da aggiungere che se così non fosse stato, non avremmo mai potuto avere uno delle viste più spettacoli che un ristorante possa godere, difficilmente raccontabile se non vista e vissuta in prima persona: immaginate semplicemente una sala da ristorante (arredata per di più con un gusto che strizza l’occhio agli arredi del Vittoriale che si trova a pochi passi da lì) che affaccia sul lago aperto praticamente all’altezza dell’acqua.
Una ristorazione neoclassica. Ma nonostante questo non è il panorama il punto forte del Ristorante Lido 84. E non è nemmeno solo il menù. La bellezza di questo posto sta anche nel vedere un modello di ristorazione che, pur apparendo profondamente naturale, leggero ed elegante, incorpora una serie di meccanismi e messe-in-scena che sono i pilastri di un novo paradigma ristorativo con fondamenta così ben solide da avere la possibilità di diventare in futuro un nuovo esempio da imitare. Difficile da definire ora, anzitempo, ma goffamente, il termine che più gli si addice è forse neoclassicismo, qualcosa che scava nella rivalutazione di una tradizione intramontabile e ancora oggi affascinante, come ricorda (nell’arredo) il torchio gastronomico effettivamente utilizzato per il rognone al torchio. Lo ricorda a tavola il solo e unico pane, buonissimo, che è servito non come un portata a sé stante, ma con la giusta dignità. Lo dimostrano la concretezza, pulizia e puntualità dei gusti e dei sapori. La preparazione tecnica, quella non si discute, e la fantasia culinaria passa a pieni voti l’esame di un palato critico. Lo grida la commovente semplicità del fine pasto delegato a una spiazzante (solo a parole perché è ormai un finale bien connu) Torta di rose cotta al momento con limoni del Garda e Zabaione al Vov, e le giuste e calibrate delicatezze che accompagnano senza retorica il caffè.
Il menu. Tutto questo merita quell’ora e mezza di macchina che ci vuole da Bergamo, per questo e per assaggiare l’ormai celebrato e classico tris di primi che ha reso lo chef famoso ed acclamato: il risotto all’aglio nero fermentato, gli spaghettoni burro e lievito di birra che sono oggi esporti e riprodotti al San Francisco Museum of Modern Art come esempio rappresentativa della cucina italiana (si veda quello che dicevamo prima proposito di paradigmi): se pensate che questo sia già un successo, sappiate che questo piatto è stato inserito pure in un menù parigino di Alain Ducasse, uno dei più grandi di Francia e del mondo.
Il must. Per ultimo, non si può mancare, ma ne avrete già sentito parlare, un’ottima versione della Cacio e Pepe cotta (e spettacolarizzata) al punto giusto, in vescica. Il servizio di questo piatto-simbolo finisce in sala davanti al cliente, quando un cuoco (vestito da cuoco) incide la vescica gonfia di vapore e serve il prezioso contenuto che è, come racconta durante l’impiattamento, il risultato perfetto di una lunghissima serie di prove per trovare la giusta concentrazione e grammatura di tutti gli ingredienti che sono messi a cuocere in questo gastronomicamente classico contenitore che, come risultato, restituisce una pasta dalla consistenza al chiodo, e dove il condimento è integrato e inscindibile. Pranzare da Camanini è un’esperienza inderogabile sotto tutti i punti di vista, che dovete fare.