Metti un piatto all'Osteria Tre Gobbi Aria di novità nella storica locanda
I Tre Gobbi è morto, viva i Tre Gobbi! Non vogliamo esagerare e dire che questa è la più antica osteria di Bergamo, ma con una certa dose di sicurezza possiamo dire che è tra le più antiche ancora in vita che abbiano sfamato gli appetiti bergamaschi, anche quelli più illustri: artisti, pittori e stimati musicisti che si ritrovavano qui a celebrare noti compositori che oggi prestano anche il nome a cocktail di moda (cfr. Donizetti). Ma ancora più certamente possiamo dire che questo pezzo di storia della ristorazione ha resistito al cambio di generazioni, alle gestioni e soprattutto al modificarsi dei gusti, sfidando il tempo e oggi, dopo 162 anni, ha ancora la sua insegna affacciata su via Broseta. Esattamente accanto al pittoresco e minuscolo porticato della chiesetta di San Rocco che, insieme alla vetrata in ghisa della trattoria, fanno una cartolina della vecchia Bergamo.
Di fatto si compone di un caffè d’ingresso che lascia il passo a una saletta accogliente dai tavoli in legno e le pareti dipinte. Ancora più avanti, il dehors, per ora solo accennato, sul secondo ingresso in via San Lazzaro, nascosta e tranquillissima nel quartiere San Leonardo. Un pianoforte, il busto del Donizetti e bottiglie di vino ovunque, quelle di una cantina costruita assaggio dopo assaggio da Marco Ceruti, che da più di vent’anni è qui l’oste insieme alla moglie Ines. Una collezione così varia e importante (e Bergamo è sempre alla ricerca di belle enoteche) che è sfociata quasi naturalmente nella Bottiglieria e Salumeria dei Tre Gobbi, da poco aperta due numeri civici più indietro e dedicata specificatamente alla vendita di bottiglie non banali, con qualche incursione fugace nel mondo della gastronomia, prodotti confezionati, oltre ai salami e salumi che lo stesso Marco si va a cercare o si fa fare su misura. In più, questo nuovo spazio ha pure una cantina arredata con tanto di soffitto ad arco, che da qualche tempo è luogo d’atmosfera per cene e aperitivi.
Davanti, Marco Carminati. Dietro da sinistra, Andrea Pilu e Mattia Sacchelli.
Se ci fermassimo qui avremmo perso un pezzo della storia, e precisamente quella che comincia dalla domanda: ma chi avrebbe mai immaginato che un giorno, ai Tre Gobbi, avrebbero servito Anatra scottata su crema di piselli, crema di sesamo, maionese al tamarindo e crema di mango e peperoncino tamarillo? Probabilmente nessuno. Da qualche tempo c’è aria nuova tra le pareti del secolare esercizio grazie a tre giovani ragazzi. A cominciare proprio dallo chef, Marco Carminati, autodidatta, che da pochissimo sta portando sui tavoli una cucina quantomeno alternativa, fatta di accostamenti e sapori di ricerca tutt’altro che scontati, nuovi e freschi. Chiaro è che non si potrà mai rinunciare qui alla benamata tradizione, e che sempre ci saranno polenta, casoncelli e qualche fetta di salame nostrano.
Per quanto riguarda il vino, il cliente è nelle mani di Andrea Pilu, di formazione enologo, appassionatissimo, che nonostante l’informità del luogo si muove con una certa dose di tecnicismo tutt’altro che scontato e neppure fastidioso. Anzi, avere a disposizione una persona competente che sa consigliare con senso calici e bottiglie, soprattutto motivando la scelte, è un valore aggiunto che non si trova così facilmente. Infine la sala, e la rinascita, è guidata da Mattia Sacchelli, a suo agio in un locale che ha servito il suo primo piatto nel 1855. La strada è ancora molto lunga per portare a una trasformazione strutturale ma rispettosa di questa insegna storica, ma se volete incominciare a sbirciare non rimarrete delusi e sicuramente coglierete la nuova energia che agita il numero 20 di via Broseta. Magari è solo un fuoco di paglia, ma vale la pena crederci. I Tre gobbi è morto, viva i Tre Gobbi!