Si chiama Tropico dei Colli

Mirko e Giulia, una startup originale Coltivare frutta esotica a Bergamo

Mirko e Giulia, una startup originale Coltivare frutta esotica a Bergamo
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Se un giorno vi capiterà di scorgere delle piante tropicali sui colli di Bergamo non starete sognando: saranno il risultato del progetto Tropico dei Colli di Mirko Roberti e Giulia Serafini.

 

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L’idea e il premio. Mirko e Giulia si sono incontrati a un corso di agricoltura, mentre lei stava terminando gli studi di Agraria. Sono due venticinquenni da sempre amanti della natura e da tempo attenti scopritori della materia. Soprattutto delle piante da frutto non ancora conosciute in Italia e di quelle esotiche in generale. Dopo due anni di ricerca, hanno deciso di dare forma ai loro studi, grazie a un corso di avviamento per start up. È poi hanno partecipato ad un concorso di Luberg, associazione che dal 2008 aggrega i laureati dell’UniBg, e vinto il contest Diventa Imprenditore-Luberg Camp del 2015 per start up bergamasche. Ed è così che è nata l’Azienda Tropico dei Colli.

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Il progetto. Il progetto che è valso loro il premio consisteva di una proposta semplice, bella e ambiziosa: coltivare sul terreno cittadino, senza serre o tecnologie particolari, piante di origine esotica, provenienti da climi paragonabili a quello orobico (come feijoa, avocado e kiwi arguta). E poi, puntando sulla qualità, sul biologico e sul chilometro zero, commercializzarle tramite canali selezionati. Non si tratta di un’idea utopistica e aleatoria, tanto che Mirko e Giulia sperano di creare un nuovo modello di economia agricola, magari da diffondere anche nel resto del Paese, consapevoli di stare trattando prodotti di alta qualità e dal prezzo altamente concorrenziale.

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Lavoro e prospettive. La loro area operativa si trova sul versante sud della Maresana, quello che guarda verso Bergamo. Un «posto bellissimo e strategico», spiega Giulia: a parte la vista su Città Alta, l’inclinazione verso sud garantisce sole tutto il giorno, un po’ come se ci si trovasse ai Tropici, ma a Bergamo. Da qui il nome dell’impresa.

Lo stato dei lavori ad ora è ancora in embrione: i due giovani, impegnati entrambi poliedricamente nei ruoli di progettisti e agricoltori (ma anche elettricisti, idraulici,…), stanno concludendo l’impianto e ci vorranno un paio d’anni, nel pieno rispetto del ciclo naturale della pianta, per avere i frutti. Una lentezza ripagata poi dalla longevità, considerando che queste coltivazioni possono vivere e rimanere produttive fino a ottant’anni. Dunque, una prospettiva a lungo termine. Chissà che i nostri nipoti non possano considerare parte integrante del paesaggio e dell’idea di Bergamo questa avventura giovane, assolata e originale.

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