Miti e leggende sui muri di Bergamo (aspettando l'Ulissefest in città)

Tra pochi giorni s’inaugura nella nostra città l’Ulisse Fest, alias Lonely Planet fest, che porterà un’ulteriore ventata di novità in questa Bergamo caput mundi, che da qualche anno a questa parte non manca di sorprenderci tra rassegne, eventi e manifestazioni ormai consolidate: il calendario è ormai serratissimo, tant'è che non si fa in tempo a metabolizzarne una che subito si è risospinti dai media e dai social locali nella prossima. Ma in occasione dell’arrivo dell’eroe omerico, chi ci sarà ad accoglierlo, prima del suo rientro nella mitica Itaca? Solo i bergamaschi? Solo i relatori delle tre giornate, che hanno registrato praticamente da subito il tutto esaurito? Non proprio, dato che se lui potesse materializzarsi tra gli ospiti ed i convenuti, si renderebbe conto di sentirsi quasi come “a casa”, Penelope esclusa, tra miti e divinità dipinti che lo attendono silenti sui muri di Bergamo Alta, proprio nei pressi delle location che ospiteranno incontri e workshop. Vediamo come Odisseo è entrato in relazione con loro, grazie ai racconti e alle gesta della mitologia che a distanza di millenni ancora tanto ci affascina.
Piazza Lorenzo Mascheroni, 3/A
Qui sono le fonti a raccontarci di come sulla parete prossima all’angolo con l’attuale trattoria, l’antica casa Benaglio, fino al secolo scorso si scorgeva nitidamente una Venere, un satiro e il dio dei venti, Eolo: «Ammiravasi ancora del Cariani un giovinciello, che suonava il liuto, dipinto con grazia e al tempo stesso con forza impareggiabili. Eravi anche una bella Ciprigna (Venere), distesa ignuda sopra drappo verde ed un procace Satiro poco discosto a guardarla; Eolo che batte i venti e altre figure ed invenzioni».
Ulisse ed Eolo si incontrarono in una delle isole Eolie, nella reggia del signore dei venti: il dio omaggiò al re di Itaca un otre di pelle, che racchiudeva quasi tutti i venti, un dono che avrebbe garantito a lui ed ai suoi uomini un rapido e sicuro ritorno a casa, dopo le gravi perdite umane subite a causa del ciclope Polifemo. I marinai, però, aprirono sconsideratamente l'otre, mentre Odisseo dormiva: i venti uscendo scatenarono una tempesta che rinviò tutte le navi, tranne quella guidata da Ulisse, da dove erano venute, facendole approdare sulla terra abitata da mostruosi cannibali: inutile dire che non vi fu scampo!
Via Boccola, 8
Questa è forse la migliore facciata conservata tra quelle che raccontano miti e leggende dell’antica Grecia: infatti, oltre alle figure alate tubicine, vi sono specchiature rettangolari dalla cornice viola con all’interno mascheroni caprini, medaglie ovali a rettangoli stondati e modanati con scene mitologiche a monocromo, che riconducono al tema dell’amore erotico. Protagonista assoluto è Giove, ripreso nei suoi continui tradimenti ai danni della consorte Giunone. Da sinistra a destra si riconoscono gli episodi della capra Amaltea, sua nutrice, di Leda e il cigno, Europa e il toro, Amore e Venere. Leda era l'affascinante regina di Sparta, le cui figlie Clitennestra ed Elena erano divenute le spose dei re Agamennone e Menelao. Innamoratosi di Leda, Giove la sorprese nel sonno sotto le sembianze di un cigno, che cominciò ad accarezzare il suo viso, i suoi capelli e le sue braccia. Dal loro amore nasceranno due gemelli, i Diòscuri: Càstore, il grande domatore di cavalli, e Pollùce, un invincibile pugile. Europa era una giovane e bellissima principessa, che viveva in Fenicia e amava bagnarsi e cogliere fiori sulla riva del mare. Zeus si tramutò in un toro bianco, si avvicinò alla giovane tanto da farla salire in groppa e fuggire con lei: dalla loro unione verranno alla luce Minosse, Radamanto e Sarpedonte.
Ulisse e Giove si rapportano in diverse occasioni: quando la dea Atena convince il padre a lasciare tornare ad Itaca il suo re, dopo dieci anni di assenza forzata, nonostante il parere contrario di Poseidone, offeso dall’accecamento impunito ai danni del figlio Polifemo; quando Zeus impone alla ninfa Calipso sull’isola di Ogigia di lasciar ripartire Odisseo dopo sette anni trascorsi presso di lei; quando i marinai di Ulisse muoiono in un'orribile bufera scatenata dal padre degli dei per punirli di aver banchettato con le sue vacche sacre.
Via Bartolomeo Colleoni, 3
Serve salire sugli scalini del Teatro Sociale per scorgere il bel fregio che corona l’immobile posto dirimpetto, interessato da un rivestimento dipinto a finto bugnato terra-cielo, che a tratti è lumeggiato o a conci stondati, scandito da piccole mazze ferrate. Proprio sottogronda su fondo rosso si muove un motivo seriale, composto da sirene bianche alate a doppia coda, alternate ad elementi fitomorfi, intente a suonare dei violoncelli.
È proprio dalle sirene e dal loro canto fatale che Ulisse ed i suoi uomini vengono salvati grazie ai consigli della maga Circe, che indicò l’itinerario da seguire per ovviare l’ostacolo mortale.
Via Gombito, 1d/3
Poco sopra le aperture commerciali, all’altezza del primo piano tra le persiane, fonti otto-novecentesche narrano di come vi fossero raffigurati «assai consunti due Ercoli, uno con la clava sulla spalla e l’altro maneggiante la clava all’altezza delle anche». Naturalmente non resta altro che fidarsi ciecamente degli scritti, dato che oggi a malapena si scorge forse ancora una delle due clave! Causa la mancata cura a queste belle testimonianze del nostro passato!
Mentre Ulisse stava ritornando a Itaca, Ercole lo cattura per ordine di Zeus, per consegnarlo a Poseidone, che ambiva a vendicare l’accecamento del figlio Polifemo. Ulisse, però, nel frattempo viene fatto prigioniero dai Trogloditi, popolazione isolana di cannibali: sarà proprio Ercole che, giungendo in Grecia, organizzerà una spedizione per salvare Ulisse.
Via Gombito, 12F
All’ultimo piano de grande stabile d’angolo, che presenta ancora tracce affrescate sbiadite dal tempo, il mezzanino finale è anticipato da una sorta di marcapiano affrescato: i due monocromi gialli entro cornici rettangolari sono forse l’unica porzione ancora ben leggibile dell’intera partitura e raffigurano a destra un giovane a torso nudo con le braccia spalancate e a sinistra di nuovo Ercole, alle prese con una delle sue tante fatiche: l’Idra di Lerna. Secondo la leggenda l’idra era stata allevata da Era, moglie di Zeus, nemica di Ercole in previsione di un combattimento contro l’eroe greco. Viene comunemente raffigurata come un mostro multicefalo e invincibile che viveva a Lerna, nei pressi della città di Argo in Grecia: le sue teste, se recise, avevano la facoltà di ricrescere. Ercole affronta l’animale in una delle sue dodici fatiche e durante il combattimento ha la prontezza di decapitare ogni singola testa e subito di cauterizzare la ferita, impedendone così la ricrescita. L’iconografia vede l’eroe raffigurato con la clava alzata e dirimpetto al mostro che, a seconda dei casi, è munito di cinque sette o addirittura cento teste, ma si predilige il numero di sette, quale rimando ai sette vizi capitali, che radicati nell’individuo avvezzo al male ricrescono nonostante si cerchi di eliminarli.