Non è quello di una volta, ma “l’fa frècc” lo stesso!
È arrivata l’ondata di gelo, ma i vecchi direbbero: al massimo è un fresco

Di Ezio Foresti*
L’ondata di gelo preannunciata da tutti i servizi meteo e presentata con toni catastrofici dai social network ci ha finalmente raggiunto. Magari la neve non è caduta alle quote attese, ma la colonnina del termometro si è notevolmente abbassata.
Siamo nell’inverno vero, checché ne dicano i nostri vecchi. A giudicare però da epiteti e modi di dire, questo è al massimo un fresco,non paragonabile ai terribili rigori di una volta.
Non riusciamo nemmeno a immaginare come potesse essere il frècc dür, passàt fò o rabiùs subito dai nostri antenati,ma ci è rimasta la metafora che l’pìa per indicare la sua azione, simile a un morso sulla pelle.
Un tempo si arrivava persino a un freddo desmesüràt, oltre i limiti della misurazione. Per dirla con una frase simile a quella italiana, un vero e proprio frècc de cà.
Anche gli effetti sul corpo potevano essere devastanti. Se oggi ci capita di barbelà, cioè di tremare più o meno leggermente, all’epoca poteva succedere di bagolà, ovvero avere serie conseguenze gastrointestinali.
Lo stesso vale quando i nostri avi i batìa i brochète, battendo i denti fino al punto di produrre rumore di chiodi agitati in una latta, e il gelo era tanto feroce da crepà fò i làer o i mà.
Se fossero qui ora, i nostri progenitori direbbero al’fà mia sto frècc, anche se la temperatura è di poco superiore allo zero. Poi c’è chi è anche più sfortunato della media, e soffre in ogni caso e in ogni stagione, come recita il detto chi che i è sènsa décc i patéss ol frècc de ògne tép. Bambini e anziani, si sa, soffrono di più il clima inclemente.
*in memoria