Domenica (ore 16.15) alla Fiera dei Librai

Non restate «Tra 'l gnach e 'l pitàch» Il bergamasco è la lingua della vita

Non restate «Tra 'l gnach e 'l pitàch» Il bergamasco è la lingua della vita
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C'è uno scintillio negli occhi di Ezio Foresti, quando gli parli e lui risponde con un motto in bergamasco. Sul suo volto si disegna un sorriso un po' beffardo, perché lui sa bene che in quel momento il Bergamasco ha vinto ancora, sì è dimostrato più sagace di te, che pensavi di essere tanto brillante. Ora, quella sagacia, quella brace sempre viva sotto la cenere, diventa un libro, di saggezza popolare, di cultura alta spiegata con le parole dei semplici. A Ezio sta a cuore questa saggezza nostrana, specie nelle sue espressioni più acuminate e senza fronzoli, che inchiodano le verità con frasi brevissime, secche, che lui ripete come dei mantra. Non c'è solo il gusto del dialetto, c'è l'urgenza di mettere in ordine la scala dei valori. E in cima a tutto per Ezio c'è lo spirito caustico del Bergamasco, che comprende le cose e il mondo anche meglio dei professori, o di quegli snob che sottovalutano le nostre radici, le cose di una volta, i proverbi.

«Tra 'l gnach e 'l pitàch» (titolo del libro) è una di queste frasi, che lui esclama quando il contesto lo consente. Le inserisce come mattoncini nel discorso, per renderlo memorabile. Poi ti saluta, ma quelle frasi continuano a ronzarti nella testa. Quando apri il giornale, e ora il libro, trovi che dietro a ogni frase c'è un mondo, fatto di valori rocciosi e sfumature ironiche, di alto e basso (cioè di quanto siano alte le cose che forse per scarsa considerazione di noi riteniamo basse).
Questo per dire che la scrittura di Vecchio Daino, lo sciamano di Bergamo, si lega in modo inscindibile con la sua vita, non è un rovello erudito fine a se stesso, ma una questione di buon senso e saggezza di ogni giorno. Una questione di vita e di casa, ineludibile. Perché «Il codeghì è molto più buono del cotechino, forse perché è nostrano, e quando dici föch ti sembra di sentirlo scoppiettare», spiega.

 

 

Oltre agli ormai celeberrimi Animali Mitologici, alle frasi in bergamasco del giovedì su bergamopost.it, Ezio Foresti in questi anni ci ha deliziati con una rubrica che sembra quasi troppo bella per essere vera: “Lingua madre”, sulle pagine del BergamoPost cartaceo. In quelle poche – ma densissime – righe settimanali Ezio ha saputo e sa spiegare le sfumature della lingua accostandole alle sfumature della vita, in un percorso che non si può non definire identitario. Scrive: «Per le cose che contano davvero ci bastano due sillabe, e spesso ne serve una sola. La cà, ol pà. L’essenziale per la vita è l’essenziale per la lingua. Nostra madre così ci ha educati, a pretendere poco e di quel poco farne tesoro. Nemmeno il fiato va sprecato, perché la nostra non è una terra generosa. E non importa se non coltiviamo più i campi e la miseria l’abbiamo dimenticata. Il nostro animo contadino pensa ancora a tutti gli inverni che verranno».

Troppo prezioso tutto questo per restare “solamente” sulle pagine di un giornale. Ecco allora il volume, che raccoglie il meglio di Ezio, accompagnato degli altrettanto suggestivi disegni del Toma, colui che dà un volto agli Animali Mitologici. Ogni pagina, una perla, suddivise tra escursioni nel vocabolario, miscellanea, calendario e ricorrenze. Il libro «Tra 'l gnach e 'l pitàch» sarà presentato domenica alla Fiera dei Librai, alle 16.15 in Sala Lettura.

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