Inaugurato il nuovo parco allenamenti

Parkour, quelli che a Presezzo imparano a correre sui muri

Parkour, quelli che a Presezzo imparano a correre sui muri
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Parcours du combattent (percorso del combattente) è questo il termine da cui deriva il nome Parkour, coniato da Hubert Kounde e David Belle che, negli anni novanta, crearono quella che oggi non è più solo una disciplina, ma un vero e proprio stile di vita. I Tracciatori - così si chiamano quelli che la praticano – la descrivono come «l’arte di sorpassare l’ostacolo»; definizione molto riduttiva, in realtà, che non rende davvero appieno la particolarità e le potenzialità di questa “arte di strada”. Fare Parkour significa senz’altro superare qualsiasi ostacolo si pari davanti al Tracciatore sul suo percorso, ma richiede, soprattutto, che questo salto venga compiuto con destrezza e un filo di acrobazia. In modo fluido. Questa, ad esempio, è la grande differenza rispetto al FreeRunning.

Il Parkour a Bergamo. Dal 2003 quando il Parkour sbarcò in Italia, soprattutto grazie ai video nel web, e gli atleti si contavano sulle punta delle dita, oggi, dopo un aumento esponenziale (in particolare relativo all’anno 2006), oggi nella bergamasca si contano circa 250-300 atleti; la cosa è ancora localizzata in alcuni centri, ma si presenta comunque in continua espansione, sia per il fascino che questa disciplina suscita in chi assiste alle “esibizioni”, sia per la dedizione e l’entusiasmo che maestri e atleti le dedicano.

Il Parkour non è, al contrario di quello che di potrebbe pensare, soltanto una sfida con se stessi. È anche un lavoro di gruppo, dove ogni componente aiuta e aspetta chi è in difficoltà, anche a costo di faticare il doppio. Lo sanno bene i ragazzi del Presidium Parkour Project di Bergamo, un parco per allenamenti inaugurato il 4 ottobre 2014 in via Olimpia 4 a Presezzo, che hanno scelto come motto «We start together we finish together» (Iniziamo insieme, finiamo insieme). E insieme stanno dal 2007, anche se l’idea del campo esercizi è nata solo dopo la partecipazione all’Ecce Parkour 2014 (il raduno annuale nazionale) di Roma, dove i giovani bergamaschi si sono potuti allenare in un park costruito dal gruppo romano PKR.

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Perché fare parkour, che non è solo uno sport. Il Parkour non è solo uno sport di qualche ora. Entra anche nella vita di tutti i giorni e dà all’atleta non solo una grande prestanza fisica ma anche un’allenatissima forza emotiva. Per affrontare il percorso, infatti, ogni Tracciatore, parallelamente alla parte tecnica, sviluppa anche una potenziamento muscolare del tutto particolare. Si tratta di un allenamento graduale, basato sull’ascolto del proprio corpo, sulla conoscenza (e poi sul superamento) dei propri limiti e sulla capacità di sfruttare tutte le potenzialità corporee senza alcun ausilio di macchinari. Dietro, c’è la filosofia del metodo hebertista (per intenderci, quello degli scout), da cui il Parkour trae le sue origini.

Ci sono anche dei film dedicati. Disciplina relativamente nuova, dunque, che si presenta in continua evoluzione e che continua a spopolare sui social network. Ad oggi ne abbiamo alcuni esempi, a volte un po’ fuorvianti, nel mondo del cinema e degli stuntman; lo stesso David Belle – uno dei due fondatori – è stato protagonista di due film che hanno riscosso discreto successo: il primo di Luc Besson Banlieue 13 del 2004 e il secondo da poco riprodotto nelle sale italiane Brick Mansions di Camille Delamare.

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