Passeggiata nella bella Sarnico
È mancato Carlo Riva, uno dei capitani d’industria più noti della bergamasca, non solo perché celebre e amato dal jet set internazionale, ma perché si è sempre identificato con la sua azienda, fino all’ultimo dei suoi giorni. Ecco quindi un piccolo omaggio a lui e alla sua Sarnico, dov'è nato nel 1922, e al suo lago, che sempre ha amato.
Sarnico
Il sito è di epoca romana, sebbene le prime menzioni scritte risalgano solo al IX secolo. Il toponimo latino medioevale è però di origine longobarda e secondo alcuni storici si riferisce alla presenza diffusa nell’area di un animale: il capriolo. Dell’epoca feudale restano la Torre dell’Orologio e altre vestigia, che con tratti di mura, tre delle porte turrite e il profondo fosso costituiscono gli unici rimandi visibili di quell’epoca. I signori, come un po’ in tutta la valle, furono i conti di Calepio.
La località fu a lungo contesa tra i capoluoghi di Bergamo e Bresca, proprio per la sua posizione e per la presenza sul territorio delle cave di arenaria. oltre alla floridezza del suo mercato della lana, a cui poi si aggiunse quello della seta. La concessione da parte di Venezia di tenere mercato a cadenza settimanale, grazie a un editto del 1516, contribuì ulteriormente ad arricchire l’intera comunità, che alla pesca unì altre fonti di reddito. Nei secoli successivi fu possibile curare la produzione della seta in loco, grazie alla piantumazione di numerosi gelsi. Ma è nel Novecento che la località decolla prima come luogo di villeggiatura e poi come porto turistico (da qui le molte residenze in stile liberty). Il ponte in ferro a nove arcate, costruito nel 1889 tra Sarnico e Paratico, è attraversato dal fiume Oglio, pronto a riprendere il suo corso una volta uscito dal bacino lacustre, interrotto solo poco più a valle dalla grande diga del 1935, realizzata per la regolamentazione dell’acqua del lago.
Chiesa parrocchiale di San Martino
È sorta in tempi recenti, nel 1880, sulla precedente chiesa quasi totalmente distrutta per l’occorrenza, tranne che per il campanile sopraelevato solo nel 1869. Presenta una facciata barocca a due ordini intervallata dalle statue dei santi Martino, Carlo e Maria attribuite al grande scultore ticinese Giovanni Antonio Sanz. Le porte in bronzo sbalzato sono di Alberto Meli e raffigurano scene della Salvezza. L’interno vede sei altari laterali, una cappella maggiore di forma rettangolare e una cupola ottagonale con decorazione dei primi del Novecento. Si segnalano il paliotto in marmo bianco dell’altare maggiore opera di Andrea Fantoni, la tela di Francesco Cappella con il santo patrono oltre ai quindici misteri del Rosario e l’Estasi di San Francesco di Gian Giacomo Barbelli.
Torri dell'orologio e di via Parigi
Ambedue edificate tra il XII e il XIII secolo, sono ciò che resta del castello di Sarnico e della muratura che correva fino al lago, ma di quei tempi lontani riconoscibili sono solo dei conci squadrati che ogni tanto fanno capolino qua e là: il tutto condito dall’intrico dei vicoli e delle viuzze medioevali tra cui quelli in Scaletta e Piccinelli.
Museo Bellini - Pinacoteca civica
Frutto di una donazione di don Giovani Bellini, parroco di Sarnico, il museo conta oltre 150 pezzi, con quadri di autori di gran pregio, tra cui Palma il Giovane, Francesco Hayez, Carlo Ceresa, Padovanino, Montalto, oltre a sculture lignee e di marmo. Oltre ai dipinti fanno parte della donazione alcuni pregiati mobili d'epoca, interessanti statue marmoree e lignee e quattro crocifissi processionali.
La Pinacoteca è collocata dal 2002 nella parte più antica di Palazzo Gervasoni, uno stabile del XV secolo sito nel punto più alto del centro storico di Sarnico, un tempo sede di un convento.
Ville Faccanoni
L’intervento dell’architetto Giuseppe Sommaruga le accomuna, sebbene oggi facciano capo a tre diverse proprietà (Passeri, Bortolotti e Faccanoni) e il contesto che le circonda non è più quello che fece da spunto a tante soluzioni al limite tra l’Eclettismo e il Liberty. La prima si trova nel pieno centro storico e si distingue dai fabbricati che le stanno attorno, sorti in un secondo tempo, per il giardino recintato e lo stile prettamente liberty della facciata. La seconda si affaccia magicamente sul lago e si ispira dichiaratamente ai canoni rinascimentali lombardi. Il seminterrato è a forma di grotta, due dei tre piani comunicano con una grande scala dalla balaustra in ferro battuto, i materiali sono vari e paiono giocare al rimbalzo cromatico, così come la varietà degli altri elementi decorativi diffusi sull’area dell’alzato (il pontile, l’esedra, la cancellata). La terza villa è citata in tutti i testi di storia dell’arte per l’incantevole insieme che la vedeva adagiata seraficamente tra situazione agreste e lacustre. Vincono sempre l’alternanza dei materiali, la varietà degli arredi, la vivacità del tetto rivestito di falde poste a livelli diversi e corredato da belvedere e grandi camini. Stupenda la cancellata esterna.