I Piani di Bobbio tra ieri e oggi La bellezza che ancora resiste
Ci sono due anime distinte che vivono nei luoghi tra Valtorta e i Piani di Bobbio. La modernità e il turismo proliferante, che hanno inglobato negli ultimi decenni questi spazi, li hanno trasformati gradualmente, non tanto nell'esteriorità che mantiene i suoi tratti caratteristici, quanto nello spirito, nelle parabole esistenziali che si imprimono in questi luoghi. E poi c’è l'anima antica di queste terre, necessariamente legata al sacrificio, alla fatica di vivere in un luogo distante dalle grandi urbanizzazioni. Si evidenzia quindi subito il ribaltamento prospettico portato dalla modernizzazione del secondo dopoguerra: le difficoltà infrastrutturali che rendevano Valtorta un piccolo agglomerato di tenacia e solidità dell'anima si sono completamente annullate ed anzi il successo turistico dei Piani di Bobbio è stato decretato proprio dalla sua vicinanza rispetto a Milano e Bergamo.
Questa dicotomia tra un mondo antico difficile e il moderno votato alla facilità ha il suo emblema nella costruzione delle varie funivie che collegano i Piani di Bobbio alla Valsassina da una parte e a Valtorta dall’altra. Si può leggere nei percorsi agevolissimi di queste infrastrutture formidabili la grande cesura che ha trasformato un microcosmo segnato dalla fatica e dall'austerità, un nocciolo di dignità caparbia isolato dal mondo, in un giardino di bellezza ancora abbagliante, ma relegato alla funzione di satellite di villeggiatura e sport per i cittadini della città in cerca di una boccata d'aria buona.
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Il rapporto tra questi due mondi contrapposti non si può certamente leggere a senso unico. La violazione, per quanto cauta e non traumatica, di una società e di un ambiente al fine di creare un polo turistico non va necessariamente interpretata in modo negativo. Col venire meno di alcune fonti di ricchezza che sostenevano l'economia del posto, come le attività estrattive e l’allevamento, ormai troppo poco redditizio, il turismo ha permesso a questi luoghi di continuare ad esistere. È quasi paradossale, ma proprio ciò che ha snaturato l'anima profonda di questi paeselli ha concesso loro di non scomparire.
Ci sono tuttavia alcuni posti preziosi e tradizioni consolidate che permettono di mantenersi almeno in parte ancorati al meraviglioso passato di queste terre. Negli anni Sessanta la costruzione del Santuario di Maria Regina dei Monti proprio nel cuore dei Piani di Bobbio ha avuto la sua origine dalla volontà di don Pietro Tenca di non lasciare quel terreno in mano al puro edonismo del commercio. D’estate, quando i turisti in cerca di emozioni sciistiche sono ben lontani, gli abitanti di Valtorta, Barzio e degli altri paeselli vicini si raccolgono ai Piani di Bobbio per celebrare Maria Regina dei Monti (22 agosto). In questi momenti i pascoli e le cime tutt’intorno riacquistano il loro significato originario, cioè di supporto concreto (il pascolo per gli animali) e di supporto dell’anima (la vista di una natura meravigliosa). Le persone che partecipano alla processione sono in gran parte anziani, saldamente ancorati alla tradizione, fermi in un immutabile presente di riti ciclici preziosissimi, siano essi religiosi o meno. E la loro forza la senti nella voce: quando bisogna cantare durante la funzione la chiesetta si riempie di suoni tonanti, i vocalizzi magnifici degli uomini delle montagne.
Pizzo dei Tre Signori
Rifugio Grassi e Pizzo dei Tre Signori.
Rifugio Ratti Cassin.
Salendo da Barzio con la funivia si scorgono poi le tracce dell'antica mulattiera, utilizzata fino a pochi decenni fa come passaggio obbligato tra la Valsassina e Valtorta. La comodità dell'oggi getta uno sguardo sui luoghi difficili, pregni di una sacralità rituale ormai svanita. Ci si rende conto in questi momenti dello svuotamento di significato che la modernità comporta: la salita ai Piani era un tempo un percorso lungo e importante, che spesso veniva compiuto dalle ragazzine che aiutavano l’economia familiare portando in Valsassina qualche forma di formaggio da vendere. Possiamo solo immaginare questi andirivieni scorgendo qua e là le tracce della mulattiera.
Infine, l'antica difficoltà del luogo rimane nei sentieri, nell'intrico di percorsi che conduce alle varie splendide cime di questa zona. Svetta, sia nell'effettiva altezza sia nella sua prominenza immaginifica e simbolica, il severo Pizzo dei Tre Signori. I significati di questa vetta sono impregnati già nel suo nome, che segnala il punto di incontro tra Ducato di Milano, Repubblica di Venezia e Grigioni. Una traccia concreta di ciò è rimasta scolpita in un'iscrizione del 1776 che segnava il confine tra questi stati. Ma forse il momento più meravigliosamente antico, anzi, fuori dal tempo, è incastonato nello stupore della visione dall'alto dei 2554 metri del Pizzo. Forse è nell'immutabile sentimento di meraviglia e rapimento per le bellezze vertiginose che ci circondano il punto di congiunzione perenne tra il passato e un presente in mutamento: «Attorno i gruppi del Resegone, dei Campelli, delle Grigne, del Legnone, dello Stella, del Diavolo, del Redorta, del Coca, della Presolana e dell’Arera e più lontana la grande cerchia delle Alpi con i gruppi del Rosa, dell’Oberland Bernese, del Bernina, dell’Ortles e dell’Adamello. In basso la Valtellina, la Val Troggia, la Val Brembana e a completamento della visione le alture del Comasco, del Varesotto e della Brianza con un tratto del lago di Como e di Lugano, la nebbiosa pianura e gli evanescenti profili dell’Appennino» (S. Saglio, A. Corti, B. Credaro, Alpi Orobie, Club alpino italiano & Touring club italiano, Milano, 1957).