Salendo sul Pizzo Recastello Oltre arriva solo la fantasia

Foto di Angelo Corna
La conca del Barbellino ospita alcune tra le più belle e ambite montagne della corona alpina bergamasca. Tra queste spicca il Pizzo Recastello, che con i suoi 2826 metri di altezza si erge minaccioso sopra le acque verde smeraldo del lago artificiale più famoso della bergamasca. Una montagna severa, destinata a escursionisti esperti, dove chilometri e dislivello impongono preparazione, conoscenza e anche sacrificio. Possono servire anche cinque ore di cammino per raggiungere la croce di vetta. Un percorso che si snoda tra i verdi prati del rifugio, risale poi nella bella conca della Val Cerviera tra cascate e torrenti fino all'austero canalino finale, attrezzato con catene di sicurezza. Un ultimo tratto a fil di cielo porta alla cresta della nostra montagna e a un panorama che spazia fin dove l’occhio umano può arrivare. Oltre? C’è solo la fantasia.
La partenza. Raggiungere la vetta del Pizzo Recastello in giornata è impresa per pochi. Più di 25 chilometri e 2000 metri di dislivello attendono l’escursionista che vorrà cimentarsi in questa avventura, assolutamente non banale. La partenza per la nostra escursione è il paese di Valbondione e il segnavia CAI 305, classico sentiero che conduce al Rifugio Curò e al lago artificiale del Barbellino, perla orobica per eccellenza. Servono circa due ore per raggiungere il rifugio, posto a metri 1915. Possiamo scegliere di pernottare, goderci la giornata sul lago e riprendere il cammino in giorno seguente, spezzando così l’escursione e il notevole dislivello positivo in due giorni. Se invece intendiamo proseguire, è bene sapere che finora ci siamo solo scaldati le gambe! La vera avventura comincia adesso.

Un occhio al Pizzo Coca


Lago artificiale del Barbellino


Cascata della Val Cerviera

Colossi Orobici


Appare la neve
Tra i laghi della Val Cerviera. Non perdiamoci d’animo. La via è ancora lunga e dalla vetta è buona cosa non distogliere mai lo sguardo. Il nostro percorso prosegue in falsopiano lungo il segnavia CAI 305/306, costeggiando l’invaso artificiale del Barbellino, fino al bivio posto in prossimità della cascata della Val Cerviera. Abbandoniamo la carrareccia che conduce al Lago Naturale e al rifugio Barbellino piegando nettamente a destra, iniziando a risalire lungo il segnavia CAI 321. Il percorso si apre nella valle, che ospita i laghetti omonimi (poco distanti dal nostro tracciato), sovrastati dal massiccio del Monte Cimone, altra montagna spesso dimenticata per cime più blasonate. In questa zona ricca di cascate e torrenti il nostro sentiero devia a sinistra, abbandonando il percorso che sale al Passo di Bondione e al Pizzo Tre Confini, e sale inoltrandosi nella Valle del Cornello Rosso. Siamo quasi ai 2500 metri di quota e si continua a salire in un’ambiente sempre più austero, selvaggio e incontaminato, fino alla base di un ripido ghiaione, che dobbiamo faticosamente risalire. Due passi avanti e uno indietro ci porteranno all’imbocco del canale attrezzato, nostro ultimo sforzo.
Il canale e la cresta. Ci siamo. Abbiamo raggiunto la base del canalino, in alcuni tratti servito da catene di sicurezza, che permettono ai meno esperti di assicurarsi con l’ausilio di imbrago e set da ferrata. Con la dovuta attenzione risaliamo gli ultimi cento metri di dislivello, sbucando sulla cresta del Pizzo. Ci attende uno scorcio di panorama sul lago del Barbellino, 1000 metri più in basso. Proprio in questo punto trova il suo culmine il canale nord, altra via di salita che in questo tratto si congiunge al percorso normale. Noi pieghiamo a destra e, seguendo le rocce e il filo della cresta stessa, raggiungiamo la croce di vetta a metri 2886. E un panorama che pochi hanno il piacere di assaporare.


Canalino attrezzato


Il lago di Malgina

I tetri Corni Neri

L'uscita dal canale Nord


Autoscatto in vetta
Tra i giganti delle Orobie. Nessuno vorrebbe più scendere, sopratutto se è una giornata serena. La sensazione è quella di trovarsi non sulla cima di una montagna, ma in cima al mondo. La zona, conosciuta come Conca dei Giganti, ospita le montagne più alte, belle e ambite di tutto l’arco alpino Bergamasco. Da sinistra a destra spiccano il Redorta e il Pizzo Coca, rè delle Alpi Orobie, seguite dal Pizzo del Diavolo di Malgina e dalle Cime di Caronella. Alla nostra destra i monti Gleno e Glenino, collegati al Pizzo Recastello da una sottile e infida cresta, pane per gli alpinisti esperti. Un panorama a 360 gradi da uno dei tetti più alti delle nostre montagne. Possiamo solo sederci e riempirci gli occhi con questa meraviglia, che unita alla soddisfazione renderà sicuramente indelebile questa escursione.
Le varianti. Come ogni montagna che si rispetti, anche sul Pizzo Recastello sono state tracciate numerose vie di salita. Oltre alla via normale, precedentemente descritta, di sicura soddisfazione è la salita lungo il canale che si snoda sul versante nord. Per raggiungere l’attacco della parete dobbiamo comunque passare dal rifugio Curò e proseguire in direzione del Monte Gleno, per poi piegare a destra senza traccia ma con evidente destinazione: la parete nord del Recastello. Siamo al cospetto dei tetri Corni Neri, satelliti della nostra montagna riservati ad alpinisti esperti. Il canale è proprio davanti a noi e si presenta inizialmente largo, con pendenze mai eccessive che variano dai 40 ai 45 gradi. Il momento migliore per affrontarlo è la primavera, dove il giusto innevamento garantisce una salita perfetta, da effettuarsi naturalmente con picche, casco e ramponi. Il canale ha una lunghezza di circa 250 metri e per percorrerlo serve circa un’ora e mezza. All’uscita dalla breccia il percorso diventa comune alla via normale, precedentemente descritta. Il ritorno può essere effettuato sempre dal canalino, se le condizioni della neve lo permettono, oppure con discesa dalla Val Cerviera, concludendo così la giornata con un giro ad anello.


Panorama sulla parete sud del Recastello

Panorama dal canale nord

Panorama dalla vetta
Conclusioni. Il Recastello non può mancare al carnet di ogni appassionato di montagna. La sua sagoma appuntita rende questa vetta affascinante per qualsiasi escursionista, che può trovare tra le sue linee itinerari bellissimi e in alcuni casi anche molto difficili. La via normale va affrontata con un buon allenamento e padronanza della montagna, sia per l’enorme dislivello che per le difficoltà presenti, sopratutto nella parte finale del percorso. Il canalino attrezzato presente nella parte finale può essere percorso con kit da ferrata e imbrago, assolutamente necessario invece il caschetto (altri escursionisti presenti sulla via potrebbero smuovere dei sassi). L’ascesa dal versante nord è invece riservata agli alpinisti e necessita di padronanza e conoscenza dell’alta montagna. Servono imbrago, piccozza, corda, ramponi, casco e, naturalmente, conoscenza del ghiaccio e delle eventuali manovre su corda. In entrambi i casi è consigliabile spezzare l’escursione in due giorni, pernottando al bellissimo Rifugio Curò o presso il suo ostello, di recente costruzione. È buona regola sentire sempre il rifugio prima di intraprendere la salita, in modo da avere informazioni aggiornate sulla stato della neve e su possibili imprevisti, soprattutto in caso di ascesa dal versante nord che, ribadiamo, è solo per alpinisti. L’escursione può essere effettuata anche con l’accompagnamento di una guida alpina.