Pronto Sondrio, cosa ne dite se riapriamo il Passo San Marco?
La notizia è di qualche settimana fa: il Passo San Marco potrebbe rimanere chiuso per altri due mesi. Il versante valtellinese ha bisogno di una manutenzione più intensa rispetto a quello bergamasco, ma questa non è una novità. Il grosso del problema quest’anno è dovuto piuttosto alla frana che si è verificata presso Albaredo per San Marco il 5 novembre scorso. La tempistica dei lavori desta qualche perplessità: se pochi giorni dopo il pericoloso avvenimento l’amministrazione del comune di Albaredo aveva chiesto un intervento immediato della provincia, al fine di evitare la compromissione della stagione turistica invernale, e soprattutto se la stessa provincia di Sondrio aveva risposto positivamente a quell’appello in data 17 novembre, non si capisce come si possa essere arrivati a maggio con una situazione ancora così in stallo.
Il punto sui lavori. Claudio Bolgia, funzionario tecnico e responsabile del servizio viabilità della Provincia di Sondrio, spiega: «i lavori iniziati nel novembre scorso sono già conclusi da mesi e hanno riguardato lo sgombero di buona parte della carreggiata stradale dal materiale franato e il ripristino delle barriere stradali divelte in modo da creare un passaggio stradale regolamentato a monte della zona di franamento». Il problema riguarda altri lavori, che sono rimasti intrappolati nelle sabbie mobili della burocrazia. Continua Bolgia: «Gli interventi di sistemazione dei tratti di strada tra i km 13+100 e km 17+800, che consentiranno di riaprire la strada provinciale senza limitazioni, sono legati a uno specifico intervento che è ora oggetto di esperimento di gara; la prima fase della manifestazione di interesse scade lunedì 8 giugno. I tempi previsti per l'esecuzione dei lavori è di 50 giorni dalla data di aggiudicazione. La copertura della spesa dell'intervento è di 350.000 euro».
È un gran peccato vedere penalizzato, quasi monco di un braccio, un luogo così significativo a livello storico e culturale, così attrattivo e affascinante per gli amanti della montagna, ma anche effettivamente importante a livello infrastrutturale, soprattutto per gli appassionati di turismo su ruota.
Terra di confine. Oggi questo valico collega le province di Bergamo e Sondrio, segna il passaggio dalla Val Brembana alla Valtellina, ma alcuni secoli fa segnava un confine ben più importante e netto. In questi luoghi infatti terminava la Serenissima, la Repubblica di Venezia. Il nome di San Marco è già indicativo di un legame antico con Venezia, ma il passo ha un fascino ulteriore proprio perché rappresentava un punto delicato della vasta dominazione veneta. Esso segnava un limes chiave nelle strategie commerciali dello stato di San Marco. Come i limites romani, a dispetto del luogo comune secondo il quale fossero tutti muraglioni pesantemente militarizzati, il confine tra Venezia e i Grigioni era un luogo fluido, di passaggio, di scambi commerciali continui, di intersezione culturale. I rapporti tra queste due entità politiche erano buoni, di alleanza, ma poco lontano il confine era ben più problematico: oltre il Pizzo dei Tre Signori iniziava il temibile Ducato di Milano.
La Via Mercatorum. Le strade stesse che conducono al passo furono costruite da Venezia ed infatti è ancora possibile ammirare le insegne con il leone di San Marco. La zona delle valli Brembana e Seriana era attraversata da secoli (almeno dal 1248) dalla Via Mercatorum; essa si snodava per molti chilometri, da Bergamo fino ai pressi di San Giovanni Bianco, a Cornello dei Tasso, passando per Serina e Dossena. I traffici su questa importante strada ebbero un calo quando Venezia decise di intensificare i rapporti coi Grigioni, al fine di aprirsi un ponte economico verso l’Europa centrale.
La Via Priula. Grimaldello per aprire questo canale commerciale fu la Via Priula, che prese il nome dal podestà di Bergamo Alvise Priuli, che nel 1592 ne ordinò la costruzione, commentando poi in seguito: «Ho fatto tagliare una strada nel sasso vivo». Questa via permetteva ai commerci di fluire più rapidamente e in maggiore sicurezza: si evitava infatti di dover passare per le zone adiacenti al Lago di Como, a quel tempo appartenenti agli Spagnoli, signori del Ducato di Milano, che imponevano pesantissimi dazi. Sempre in quel torno di anni fu costruito il rifugio ancora esistente di Cà San Marco, per ospitare i viandanti che percorrevano il lungo e faticoso tragitto. Questa strada andò incontro al declino in concomitanza della caduta della Repubblica di Venezia, alla fine del Settecento, ad opera della Francia giacobina.
La punta di diamante della Val Brembana. La storia del passo San Marco è quindi antica e ricca di significati; se un tempo la sua funzione era eminentemente economica e strategica, oggi essa si è tramutata in un fascino più puramente culturale e turistico. Presso San Marco si polarizzano molti dei significati e degli elementi di pregio della Valle: le viste mozzafiato, la natura che si mantiene rigogliosa grazie al profondo rispetto degli abitanti, le prelibatezze gastronomiche, le diverse e suggestive camminate che si diramano verso i vari monti, su tutti il Pizzo dei Tre Signori. San Marco veglia sull’Alta Val Brembana, ne è uno degli emblemi più noti e affascinanti.
Oltre alle attività turistiche più tradizionali come l’escursionismo, il passo si presta anche a percorsi suggestivi in bici o motocicletta. O meglio, per gli amanti delle salite estreme in mountain bike il passo è sicuramente una «prova del nove». Ne è la conferma la tappa del Giro d’Italia del 2007 che vide proprio il Passo San Marco come vetta da scalare nel percorso da Cantù a Bergamo passando per Morbegno. Insomma, uno dei luoghi più significativi del nostro territorio merita di essere goduto appieno da chi va a visitarlo; l’auspicio è che lo si possa vedere nuovamente aperto nel minor tempo possibile.