Quando per riscaldare c’erano solo “stüa” e “camì” (ma con tanti accessori)
Un modo antico e nuovo di vivere l’inverno "a legna" attraverso il colorito dialetto bergamasco
di Ezio Foresti*
Il brusco rialzo dei costi energetici ha portato a un fiorire di tecniche e stratagemmi per produrre calore in casa senza incidere sul bilancio domestico. Si va dai paraspifferi ai fogli di alluminio dietro ai caloriferi, e c’è persino chi ha pensato di poter ricorrere a prét e mònega, il supporto in legno e il braciere che servivano a scaldare le lenzuola dei nostri bisnonni. Senza spingersi a tanto, parecchi di noi hanno rispolverato la vecchia stufa o il camino, adeguandoli alle normative correnti.
Stüa e camì portano con sé un’infinità di ricordi, un modo di vivere l’inverno ormai dimenticato e, ultimo ma non ultimo, una serie di vocaboli di cui s’era persa la memoria, o quasi. Partiamo dall’utilissimo bernàs, arnese a forma di paletta per togliere residui della combustione come la sènder e la brasca, e ridare al fuoco il respiro che serve.
Ovviamente il bernàs ha un suo posto preciso, perché va appeso al brassöl, sostegno “di ferro o d’ottone con mela o pómol, ingessato nel muro a lato del camino”. Sullo stesso supporto trovano posto le moète, molle per spostare i ceppi dotate di gambe, paletì, mòla e pomolì.
L’operazione di spostamento della legna è facilitata dal bordunàl, parola molto più austera e solenne del corrispondente termine italiano “alare”. Ricchissima è anche la nomenclatura delle varie parti del camino. Il suo cuore è naturalmente il foglà, dove si trova la préda detta anche piana o basèl del camì, la base rialzata della struttura.
Ai lati ci sono invece le spaline, alla cui base ci sono i socolì. Per appoggiare oggetti sono presenti anche le mìsole, semplici mensole, mentre l’architraf o capèl del camì regge il peso della capa. A riparare il muro dall’eccessivo calore c’è una piastra di ferro, la caminéra o posföch. Ol föm, infine, sene va per la cana, così come i laùr de cönta sö sóta ‘l camì, chiacchiere “vane e senza sostanza”.
*in memoria
fa piacere rivedere queste tradizioni di vita bergamasca,fatta di cose semplici che attenuavano il disagio delle persone nei mesi freddi