Lingua madre

Quanto è poco bergamasco “tègn i pé in do scarpe”?

Tanti modi di dire in dialetto sono sopravvissuti (meritatamente) al passare del tempo

Quanto è poco bergamasco “tègn i pé in do scarpe”?
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di Ezio Foresti*

I modi di dire bergamaschi sono così numerosi che riempiono più libri, scritti in epoche diverse. Molti detti hanno origini remote, altri più recenti, e alcuni hanno la capacità di sopravvivere al procedere del tempo.

Spulciando tra le pagine del libro di Gabriele Rosa “Dialetti, costumi e tradizioni nelle provincie di Bergamo e Brescia” cerchiamo di individuare quelli che mostrano maggiore vitalità.

Non stupisce che del gruppo faccia parte maià la paròla, che indica il venire meno all’impegno preso: come sappiamo, teniamo molto all’onore personale e al valore di una promessa. Per questo, tra l’altro, diffidiamo dei proclami elettorali.

Anche l’espressione la strada de l’órt fa ancora parte delle conversazioni quotidiane, di solito nell’accezione negativa. Il dialogo «Ndo àl a stödià ol tò s-cèt?» - «A NewYork» - «L’è mia la strada de l’órt» è un esempio in cui con un eufemismo si comunica la lontananza del luogo di studio da quello della residenza.

Picà dét ol nas mette in luce un’altra delle nostre caratteristiche principali, la necessità di provare in prima persona le esperienze. Non agire mai per sentito dire fa parte del nostro codice esistenziale, e non di rado provoca frizioni con chi non ha la stessa concretezza. Altrettanto esecrabile è tègn i pé in do scarpe, cioè non sapersi decidere in un’ambigua situazione affettiva o, peggio, esercitare l’abominevole arte del doppio gioco.

Per motivi contingenti negli ultimi tempi usiamo spesso èss in bolèta, la cui origine risale ai tempi in cui venivano esposti in pubblico gli elenchi dei debitori, chiamati “bolle” perché autenticati da appositi sigilli. Fortunatamente esistono anche frasi meno deprimenti, come fàn öna pèl, cioè, secondo Antonio Tiraboschi, «fare una corpacciata di checchessia, cavarsene la voglia, stare in allegria». Perché anche a noi, ogni tanto, piace trasgredire.

*in memoria

Commenti
Pippo

Quando ero studente delle elementari anche ai maestri sfuggiva il discorso in bergamasco, che ci faceva sentire appartenenti veramente alla nostra terra, oggigiorno gli insegnanti che non sanno nemmeno loro l'italiano corretto bandiscono a spada tratta qualche espressione dialettale sui banchi tra i ragazzi. Questa è la nostra cultura e tradizione e dobbiamo tutti esserne fieri

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