Dalla prima apparizione

Il santuario di Stezzano e il suo «legame di sangue» con la gente

Il santuario di Stezzano e il suo «legame di sangue» con la gente
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Esistono dei posti davvero speciali. Luoghi che possiedono un’aura che li rende unici e che riescono sempre a incantare i visitatori come se fosse la prima volta. Il Santuario della Madonna dei Campi di Stezzano è tra questi. Il Santuario è speciale per la sua storia, che va oltre quella di un semplice edificio religioso, anche perché, attraverso i secoli, si è sempre caratterizzato come un punto di riferimento per moltissimi fedeli. Lo conferma don Mauro Arizzi, parroco di Stezzano, molto legato a questo luogo: «Ci sono stato per la prima volta prima di diventare prete, quando ero ancora un giovane seminarista; l’impatto è stato subito molto particolare».

«Un legame di sangue». La storia del Santuario è fatta di evoluzioni e cambiamenti, tuttavia ciò che è rimasto immutato è il rapporto che unisce gli stezzanesi a questo luogo, «un legame di sangue», come lo definisce don Mauro. Il più delle volte la gente del paese vi si reca spontaneamente, tuttavia non mancano neppure gli eventi che coinvolgono l’intera comunità, che si svolgono principalmente in occasione dell’anniversario delle apparizioni cinquecentesche: «Nei giorni precedenti all’aniversario si tiene la novena, mentre la sera della vigilia ci ritroviamo alla chiesa parrocchiale e andiamo a piedi al Santuario; si tratta dell’e vento più intenso e sentito di tutto l’anno». Ogni 12 luglio, infine, le celebrazioni si concludono in bellezza con una Messa finale che, come da tradizione, viene officiata dal vescovo di Bergamo.

 

 

«Il Santuario è un polmone che ricrea e rigenera, che ci consente di ritrovare noi stessi in qualcosa di superiore - prosegue il sacerdote -. Un luogo frequentato da persone che vengono per il dialogo e la confessione, perché qui tutti hanno la possibilità di essere ascoltati e di riconciliarsi». La storia del Santuario è strettamente intrecciata con le infinite vicende umane dei fedeli, «che vengono qui per portare interrogativi e fatiche, per ritrovare le proprie origini e la propria storia» e varcando la sua soglia è possibile percepire il grande carico di speranza che la gente ha riposto in questo luogo.

Le origini del santuario. Per rintracciare le sue origini bisogna percorrere il lungo sentiero della storia, tornando al dodicesimo secolo, in piena epoca medievale, quando Stezzano non era altro che uno dei tanti piccoli borghi che punteggiavano la pianura bergamasca. Inutile dire che, a quei tempi, l’esistenza era segnata da mille incertezze e, tra le numerose variabili che potevano decretare le sorti della popolazione, vi era certamente lo stato del raccolto. I campi coltivati erano disposti tutto intorno al villaggio - quasi a volere abbracciare e rincuorare gli abitanti - e proprio tra i campi venne edificata una cappella votiva dedicata alla Madonna, a cui i contadini erano soliti rivolgersi per alleviare i dolori del proprio animo. Proprio qui una contadina assistette all’apparizione della Madonna. Sarebbe stato solo il primo di una serie di eventi miracolosi, destinati a riscrivere per sempre la storia di questo luogo. L’apparizione diede il La alla costruzione di una piccola chiesa, che venne chiamata «Madonna dei Campi». Fatta eccezione per il nome, però, questa struttura non aveva nulla a che vedere con l’edificio che conosciamo oggi, perché, nel corso dei secoli, una serie di eventi si susseguì a modificarne in modo decisivo l’aspetto. Prima di assumere le magnifiche sembianze che possiede oggigiorno, il Santuario dovette attraversare un periodo di profonda crisi.

 

 

L'apparizione del 1586. L’anno della svolta fu il 1586. Il primo avvenimento straordinario si verificò a maggio, nel pieno rigoglio primaverile, quando le campagne sono in fiore e anche il Santuario a lungo dimenticato decise che era giunto il momento di tornare a splendere. Si dice che da uno dei pilastri della chiesa, su cui era dipinta un’immagine della Madonna col Bambino, iniziò a sgorgare misteriosamente dell’acqua. Così numerose persone - diversi secoli prima che a Lourdes - iniziarono a far visita al Santuario per immergersi in quell’acqua miracolosa per scacciare via i dolori terreni. Ma l’avvenimento che cambiò per sempre il corso degli eventi si verificò il 12 luglio di quello stesso anno. Quel giorno, Bartolomea e Dorotea, due giovani pastorelle - figure verso cui la Madonna ha da sempre una speciale predilezione - affermarono di aver visto una signora vestita di nero inginocchiata al centro della chiesa con un libro in mano (la particolarità della veste scura, quasi a indicare un lutto, è stata interpretata come segno di sofferenza per essere stata trascurata tanto a lungo). L’apparizione fece subito sentire i suoi effetti e, con l’entusiasmo tipico delle decisioni rinviate da troppo tempo, fu ordinata la costruzione di un nuovo edificio, più ampio e più bello. Esso inoltre, cambiò nome e venne ribattezzato «Nostra Signora della Preghiera»: «Il nome popolare è rimasto “Madonna dei Campi”, che però è lo stesso di diversi edifici religiosi che si trovano in altri luoghi, mentre il titolo di “Nostra Signora della Preghiera” è più particolare ed è legato al fatto che la Signora vestita di scuro non si limitò ad apparire alle due bambine, ma insegnò loro a pregare».

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Le opere custodite. L’immagine della Madonna col Bambino è l’opera più famosa, ma non certo l’unica che è custodita tra queste mura, che possono vantare una collezione di tutto rispetto, tra cui spiccano le opere di Antonio Moscheni, Luigi Galizzi, Antonio Cifrondi e Giuseppe Roncelli. Caratteristica peculiare del Santuario è infatti quella di coniugare essenza spirituale e valore artistico. Lo conferma Maria Luisa Canova, che è ben felice di fare da guida a coloro che vogliono addentrarsi tra queste meraviglie: «Ci sono delle opere molto belle e importanti, che negli ultimi tempi sono state restaurate in maniera splendida e hanno recuperato il colore che avevano perso a causa del passare del tempo». A godere di questa bellezza è un gran numero di visitatori: «Viene sempre molta gente, specialmente la domenica durante le messe, non solo stezzanesi, ma anche tante persone che vengono da fuori».

Chi veglia sul santuario. Nella seconda metà dell’Ottocento gli interventi di restyling proseguirono grazie all’iniziativa dell’energico sacerdote Sperandio Carminati, che decretò un ulteriore ampliamento dell’edificio e affidò allo scultore Luigi Carrara la realizzazione di un monumento scultoreo per celebrare l’apparizione del 1586. A custodire il Santuario sono il cappellano don Luigi Carminati e le tre suore Sacramentine che vi risiedono, che accolgono i pellegrini e, attraverso la preghiera, scandiscono i momenti della giornata: «Grazie al loro carisma e alla loro innata capacità di educare alla preghiera, queste suore hanno molto in comune con “Nostra Signora della Preghiera” - conclude don Mauro -; loro stanno portando avanti ciò che Maria ha iniziato in questo luogo, quando insegnò alle due giovani pastorelle a pregare».

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