Una bella storia di città, quando il Sentierone era il Sentierino
Il Sentierino
Fino al 31 ottobre 2017
Chiostro di S. Marta, Piazza Dante, Sentierone
Foto in apertura Visit Bergamo/Il Sentierino
Immagini dell'articolo Domusweb/Il Sentierino.
Il Sentierone è stato per molto tempo la passeggiata per eccellenza dei Bergamaschi, da non confondere con lo struscio odierno, fatto di bancarelle, mercati e allestimenti temporali per manifestazioni o kermesse organizzati nel cuore della città Bassa. E ci mancherebbe: Città Alta ormai è ricchissima di questi eventi! Certo non si fanno più "le vasche" di una volta, su e giù per il corso che giunge fino a Palazzo Frizzoni), forse perché alle nuove generazioni e alle moderne famiglie la città offre nuovi spazi (i parchi cittadini, ad esempio), nuovi spalti (Mura e Astino) e nuovi intrattenimenti (ogni weekend, ormai).
Le 26 tappe dell'esposizione Il Sentierino. Clicca sull'immagine per ingrandire la mappa.
In effetti, come recita l’installazione Il Sentierino - fino al prossimo 31 ottobre percorribile tra Piazza Dante e il chiostro di Santa Marta con le storie di personaggi che nel corso di mille anni hanno trasformato l’antico Prato della Fiera di Bergamo nel Centro Piacentiniano - in passato non si parlava di Senterù, ma proprio di Sentierino: con tale termine si indicava il collegamento selciato, largo poco più di due braccia, che connetteva i due borghi esterni la grande Fiera di Bergamo, Sant’Antonio e San Leonardo, attraverso il grande prato di Sant'Alessandro.
Due borghi non secondari - caratterizzati da attività tessili, tra cui tintorie, folli, purghi e mulini, favorite soprattutto dalla presenza del canale Roggia Serio - anche in considerazione degli edifici sacri che li caratterizzavano: per Sant’Antonio le chiese di Sant’Antonio in foris (sconsacrata), di San Giovanni (demolita), di San Bernardino, della Santissima Trinità (demolita) e di Santa Maria Elisabetta (sconsacrata) oltre ai conventi di Santo Spirito (sconsacrato, resta la chiesa) e di San Bartolomeo (demoliti i chiostri); per San Leonardo, lungo le Cinque Vie (Piazza Pontida, via Broseta, via Moroni, via San Bernardino, via Quarenghi), la Parrocchiale di Sant’Alessandro in Colonna, la chiesa omonima (San Leonardo), gli edifici minori di San Defendente (demolita), della Madonna dello Spasimo (per tutti di Santa Lucia), di San Bernardino, di San Rocco, di San Lazzaro, di Santa Maria delle Nuvole, i conventi di San Martino degli Orfanelli (sconsacrato), di Santa Maria delle Grazie (restano la chiesa e due chiostri), di San Benedetto, Santa Chiara (sconsacrato, resta la chiesa), San Giuseppe, Sant’Antonino (demolito), Sant’Orsola (demolito), Santa Maria di Borfuro (demolito), Santa Lucia (demolito, resta il brolo) e Santa Marta (in parte demolito, resta uno dei chiostri).
Per il Sentierone nel suo aspetto odierno bisogna attendere gli Anni Venti del Novecento, quando il bando nazionale del Comune di Bergamo vede vincitore il progetto del Centro Piacentiniano, coordinato dall’architetto romano Marcello Piacentino; ma già nella seconda metà del Settecento il tracciato subisce un ampliamento, quasi in concomitanza dei lavori per la nuova fiera in muratura che va a sostituire quella posticcia in legno, oltre ad essere piantumato e lastricato, perché troppo stretto per una nuova città che cresce a dismisura verso le principali arterie, sia del traffico locale che non.
E la sorpresa tocca ai “poveri” benestanti del borgo di San Leonardo, che loro malgrado si ritrovano a sostenere economicamente l’intervento. Quelli di Sant’Antonio, invece, essendo di classe meno agiata, vengono esonerati dalla contribuzione economica. Poco male, dato che i primi possono comunque consolarsi tra un caffè e l’altro del viale, tra uno spettacolo al Donizetti e un saltimbanco, fino a una sosta alla Fontana del Tritone in Piazza Dante, ancora oggi l’ultima reminiscenza dell’antica Fiera in muratura di Bergamo risalente al 1734 e opera, non confermata, del grande architetto Giovanni Battista Caniana.
Il percorso della piccola installazione itinerante si chiude nel chiostro dell’ex monastero di Santa Marta, recente location di mostre e concerti. Il monastero viene fondato attorno al 1340 e ampliato nel Quattrocento, per ospitare fino a cinquanta domenicane. Le fonti ricordano che il cenobio era composto da due ampi chiostri con lunghi colonnati, di cui uno quadrato, e di una vastissima ortaglia «che sembrava una pianura tant’è la vastità del suo confine», con viti, alberi da frutto e varie altre coltivazioni, estesa dalle mura fino all’ospedale del prato di Sant’Alessandro. L’intero complesso, chiesa-convento-chiostri, viene dapprima soppresso nel 1797 e poi in gran parte demolito a partire dal 1915: l’ultima reminiscenza visibile ad oggi è proprio il chiostro.