Storie e volti di persone incontrate a spasso per la Fiera dei Librai

Foto ©Bergamopost/Mario Rota
Il signore infila la testa dentro al tendone. Con una mano spinge un passeggino, con l’altra tiene al guinzaglio un pitbull. «Posso entrare con il cane?», chiede educatamente alla cassa. «Certo!», risponde Valentina con il solito e immancabile sorriso. L’uomo fa due passi dentro. Poi si ferma e si guarda attorno. «Mi scusi, eh. Ma questa che fiera è?», domanda avvicinandosi a Valentina. «Quella dei librai», risponde lei indicandogli la marea e mezza di libri esposta. «Ah. Chiaro, capito. Facciamo allora che magari passo più tardi», dice a quel punto il signore. Ringrazia, saluta, si gira e se ne va.
Sì, c’è anche chi, solo a sentir la parola “libri”, viene colto dall’orticaria. Ma passeggiando nell’enorme tendone che dal 21 aprile occupa il Sentierone ci si accorge che, forse, persone come lui sono sempre di meno. Non è questione di snobismo, anzi. Fino a qualche anno fa, l’impressione era che la storica Fiera dei Librai di Bergamo, la più antica d’Italia, stesse morendo, schiacciata da quell’aura di polverosa pesantezza che spesso eventi culturali di questo tipo si portano sulle spalle. E non stupisce, dunque, che qualcuno sia rimasto fermo lì col pensiero. Ma le cose sono cambiate, eccome se sono cambiate.
































Oggi questo evento, organizzato dall’Associazione dei Librai Bergamaschi (la Li.Ber, composta dalle librerie indipendenti Cartolibreria Nani, Libreria Il Parnaso, Libreria Palomar, Punto a capo libri e Libreria Arnoldi), è un’araba fenice che è stata in grado di rinascere dalle proprie ceneri, di tenere quanto di buono era stato costruito in anni e anni di esperienza per ampliarlo con nuove idee, iniziative, incontri. Ha osato, ha scommesso, ha vinto. Lo si capisce perdendosi tra i volumi esposti mentre nello Spazio Incontri posizionato al Quadriportico è un via-vai continuo di gente per l’ennesimo faccia a faccia con un autore. È una fauna variegata quella che riempie questo spazio di carta e storie.
C’è il gigante che, non si sa bene per quale motivo, ha pensato bene di indossare una maglietta di Zidane al Real Madrid (a occhio, pare straniero. Ma potrebbe anche essere soltanto un anti-juventino convinto) e corre ad ascoltare Jan Brokken che presenta la sua ultima opera, Bagliori a San Pietroburgo (Iperborea, 2017); c’è la signora un po’ in là con gli anni che non si vergogna a osservare con interesse i titoli degli Harmony in sconto; ci sono nonni con i nipoti nel reparto della letteratura per ragazzi, e nipoti con i nonni tra i tomi della letteratura locale; ci sono ragazze che sfogliano Carver, chiacchierano di David Foster Wallace e consigliano Murakami; ci sono ragazzi che fingono interesse per Carver, David Foster Wallace e Murakami soltanto per fare colpo sulle ragazze. Ci sono una mamma e una figlia. La prima, in silenzio, ascolta la seconda che le racconta la trama di un libro. «Però è inutile che te lo spiego ma’, è complicato. Facciamo che te lo presto e basta. Poi mi dici che ne pensi». La mamma allarga le braccia e si arrende all’evidenza: stare al passo di ’sti...»