Tola, grida e cruca: a Gandino resistono le tradizioni del Venerdì Santo
Nonostante la pandemia attivi "gli urlatori" sul campanile della Basilica. Nei panifici si forna la "cruca", una sorta di panettone della Settimana Santa.
di Giambattista Gherardi
Sono i giorni della pandemia da Coronavirus e della necessità di restare a casa, ma anche quelli del Triduo che condurrà alla Resurrezione del giorno di Pasqua. L’Unità Pastorale di Gandino, Barzizza e Cirano vive con intensità e preghiera, necessariamente a distanza, le varie funzioni. Saranno presiedute dal parroco don Innocente Chiodi nella parrocchiale di San Nicola a Barzizza e trasmesse via radio e attraverso apposite dirette audio/video sulla pagina Facebook “Gandino Web Tv”.
A Gandino la pandemia e le relative disposizioni non hanno fermato due tradizioni che da sempre accompagnano la devozione popolare locale. La mattina del Venerdì Santo, alle 7.30, con le campane necessariamente “legate”, si è aperto con l’Ave Maria l’impegno sul campanile della Basilica di due urlatori. Uno utilizza la propria voce (venerdì Fabio Rinaldi, sabato toccherà a Fulvio Masinari) e l’altro (quest’anno Emanuele Bertocchi) il suono della “tola” (una tavoletta in legno con battenti in ferro) per diffondere, in tutta la valle, il richiamo alla preghiera. Impossibilitato a esserci Celestino Caccia (da decenni sul campanile con la tola), in quanto residente a Nembro.
Oltre al richiamo mattutino, l’annuncio urlato dal campanile si ripete a mezzogiorno e alla sera alle 19 con il Pater. La tola viene scossa con forza a cadenza di passo, soffermandosi a ogni angolo del campanile. L’ultimo giro di annuncio, detto “butì”, viene fatto suonando a raganella, cioè con ritmo continuato. Dall’alto dei 73 metri del campanile della Basilica, la loro opera ricorda lo stile dei muezzin visti probabilmente dai gandinesi sui minareti d’Oriente, in occasione dei viaggi portati a termine dai commercianti di pannilana.
Legata al cibo è invece la tradizione della “cruca”, preparata in Quaresima (in particolare il Venerdì Santo) dai fornai di Gandino. «È una vivanda - scriveva Antonio Tiraboschi nel 1873 nel suo Vocabolario dei dialetti bergamaschi - fatta con farina di frumento, zucchero, uva candiotta e altre droghe, cotta nell’olio». Ingredienti legati (come conferma uno studio di Silvia Tropea Montagnosi) alle contaminazioni gastronomiche favorite nei secoli dai commercianti di pannilana. Esemplari l’uso della cannella (segno della Mittel Europa) e dell’uva di Candia, che arrivava da Creta a Venezia, dove i gandinesi avevano fiorenti contatti. La cruca viene prodotta ormai per l’intero periodo quaresimale, ma fra Venerdì e Sabato Santo la richiesta è molto diffusa, dato che una cruca non può mancare in ciascuna famiglia gandinese.
In prossimità della Pasqua, anche il sindaco Elio Castelli ha diffuso il proprio augurio, utilizzando un’efficace parallelo con l’immagine della Passiflora, “il fiore della passione”. «Voglio raggiungere i gandinesi - scrive Castelli - con un messaggio di speranza, suggerito dai temi cari alla fede cristiana e dalla primavera che ci mostra la grandezza della natura, a volte, come nel caso del virus, più matrigna che madre. Vi affido per questo l’immagine della Passiflora, il “fiore della passione”. I missionari Gesuiti nel 1610 gli diedero questo nome per la somiglianza di alcune parti del fiore con i simboli religiosi della passione di Gesù. È un ideale simbolo della speranza che sboccia, ma anche della consapevolezza del triste periodo che stiamo vivendo, in un quotidiano Venerdì Santo che ha colpito tante nostre famiglie».