Il gioiello dimenticato di Imotorre nato da una promessa d'amore

Oggi si può accedere alla chiesina solo dalla sagrestia. Varcata la piccola porta di legno scuro ci si ritrova in un ambiente umido, in ombra. La navata dal tetto a capanna mostra in un primo affresco la carta d’identità del monastero. Siamo nella zona di Imotorre, il cuore antico di Torre Boldone, forse ancora poco conosciuto e valutato. Imotorre che deriva da «In Tor», che in bergamasco sta per «Località Tor» e da cui nell’Ottocento si arrivò a Imotorre. Per la precisione ci troviamo in quello che resta dello storico convento di Santa Maria Assunta, che venne fondato nel cuore di Torre Boldone. La chiesa è suggestiva con quel suo odore di umido egli affreschi del Trecento. E suggestivo è quel pezzo di chiostro che ha resistito ai secoli, di sapore rinascimentale, con i suoi capitelli scolpiti con eleganza.
Rosella Ferrari è un’esperta di arte del paese, e non soltanto. Dice: «L’affresco di fronte alla porta della sagrestia mostra tre figure inginocchiate: Giorgio Del Zoppo, la moglie Anexina in abiti monacali e una seconda monaca (la prima a essere venuta in questo convento). A destra, sullo sfondo, in lontananza si scorge un nucleo di abitazioni: l’antica Torre Boldone». Affreschi ben più preziosi dal punto di vista artistico (e più antichi) si trovano nella parte dell’abside; sotto la volta a crociera si trova invece uno dei primi lavori dell’artista autore anche dell’Albero della Vita in Santa Maria Maggiore a Bergamo. C’è qualcosa di particolare in quegli affreschi: delle incisioni. Vandalismo? Spiega Rosella: «Se guardi bene, le scritte sono in latino. Non si tratta di vandali classicisti: erano le suore che annotavano sullo sfondo degli affreschi gli eventi significativi: era un modo particolare di affidare la storia del monastero ai santi protagonisti delle opere. Come un registro».
C’è un senso di incanto, un senso di storia. La vicenda che porta alla costruzione del monastero è legata alla lotta tra Guelfi e Ghibellini. Nel 1315, i Del Zoppo sono una delle famiglie più importanti del territorio: i loro possedimenti si estendono dalla Torre del Gombito alle colline di Ranica e Torre Boldone. La vita dei Del Zoppo è però tutt’altro che tranquilla, i loro possedimenti sono oggetto delle mire dei ghibellini, loro storici avversari. Accade così che Giorgio Del Zoppo, guelfo possidente ma anche molto colto, si trova costretto a scappare, poichè i ghibellini tramano contro di lui. Fugge dunque a Gromo e viene ospitato dal signore del luogo, Bono de’ Bucelleni. Fin qui il racconto sembra quasi una favola antica e infatti proprio a Gromo Giorgio si innamora della figlia del suo protettore: Anexina. I due si sposano, nonostante Giorgio sia molto più vecchio di lei. Nel frattempo lo scontro tra fazioni continua e i guelfi riescono finalmente a strappare Imotorre ai ghibellini. Così Giorgio Del Zoppo e la sua giovane sposa sono finalmente liberi di tornare nei possedimenti dei Del Zoppo ed è proprio a Imotorre che si trasferiscono. Il delizioso edificio che oggi vediamo lì nasce dalla promessa di una giovane sposa innamorata: Anexina giura a Giorgio che non appena rimarrà vedova si farà monaca. Così Giorgio al momento di fare testamento lascia questa parte delle sue proprietà alla moglie, a condizione che proprio lì sorga il monastero di Anexina.