Dentro Palazzo Visconti a Brignano Meraviglia che pochi conoscono
Grazie alle Giornate castelli aperti, sette Comuni della pianura bergamasca, ogni prima domenica del mese, aprono congiuntamente le porte dei loro castelli, palazzi e borghi medievali (qui il sito ufficiale). Domenica 5 luglio è l'ultimo appuntamento dell’iniziativa, inaugurata tre mesi fa. Ecco cosa scoprire a Brignano.
Dimenticate mura merlate, beccatelli difensivi, ponti levatoi e laterizio in cotto. Questo di Brignano non è un castello, ma un’elegante dimora signorile. Certo anche qui era presente un primitivo nucleo fortificato, di cui però non rimane praticamente traccia, in parte distrutto o inglobato negli ammodernamenti architettonici che si sono avvicendati nei secoli. Il palazzo dei Visconti è infatti un complesso architettonico articolato che, oltre alla sezione più antica, è costituito da due parti distinte ma correlate tra loro: Palazzo vecchio, edificato tra Cinquecento e Seicento, e Palazzo nuovo, terminato nel corso del Settecento. Entrambi erano di proprietà dei Visconti, che l’avevano ricevuto in feudo direttamente da Federico Barbarossa, ma appartenevano a due diversi rami della famiglia che rimasero comunque sempre legati, come conferma la contiguità dei palazzi e le parallele vicende edilizie.
Palazzo nuovo, retro.
Palazzo nuovo, Coffee house.
Palazzo nuovo, ingresso ed esedra.
La Ponticella.
Palazzo vecchio, la facciata.
Palazzo vecchio, il cortile.
Palazzo vecchio, il cortile.
Il Palazzo nuovo. Il Palazzo nuovo, progettato dall’architetto romano Giovanni Ruggeri, è precluso al pubblico da ormai diversi anni. Le sfortune avverse che hanno colpito di volta in volta i proprietari che ne sono venuti in possesso non ne hanno ancora consentita l’apertura. Si può solo intravedere lo spettacolare giardino che lo circonda, dal cui rigoglioso verde emergono due affascinanti coffee house e i camminamenti ricavati lungo gli spalti delle mura del borgo. La sua esedra monumentale all’ingresso e il belvedere scenografico ne facevano una delle “ville di delizie” più ammirate del Settecento lombardo. Dei ripetuti restauri ai quali è stato sottoposto, nessuno si è concretizzato in un progetto definitivo: anche oggi il suo bel profilo settecentesco è inquinato da gru, impalcature e un’infinità di materiale di scarto che ne impediscono una visione chiara.
Il Palazzo vecchio. Solo Palazzo vecchio, sede dell’amministrazione comunale di Brignano, è rimasto negli anni sempre fruibile, ospitando nella sua storia più recente un asilo nido e un ricovero per anziani. Collocato nell’angolo sud-ovest del complesso residenziale, presenta una pianta a L. Nel punto in cui oggi è visibile la “ponticella” esterna (sul lato occidentale) vi era probabilmente la palazzina più antica, documentata tra 1517 e 1523, che costituiva il trait d’union tra i due palazzi (forse una rimanenza della fortificazione più antica del castello). L’architettura del palazzo vecchio è improntato ad una severità ancora cinque-seicentesca, quasi a mantenere l’aspetto difensivo e austero della dimora: sia le facciate, nella tripla successione di finestre, sia la corte interna porticata, sostenuta da pilastri in bugnato, sono caratterizzati da un netto contrasto tra l’intonaco bianco del muro e la pietra arenaria grigia.
Vecchio portone d'ingresso.
Lo scalone d'onore.
Lo scalone d'onore, parete sud.
Lo scalone d'onore, Alberto Visconti.
Lo scalone d'onore.
Lo scalone d'onore, Ercole.
Lo scalone d'onore.
Lo scalone d'onore.
Lo scalone d'onore.
Lo scalone d'onore.
Lo scalone d'onore, il soffitto.
Lo scalone d'onore, Cupido.
L’ingresso. Ma tutta la raffinatezza dei committenti si esprime appena varcata la soglia d’ingresso. Un imponente portone ligneo, decorato con due profili maschili memori della ritrattistica romana, nasconde il vero tesoro del palazzo: i suoi sorprendenti affreschi, il cui ottimo stato conservativo è non solo indice della perizia tecnica dei suoi esecutori, ma anche risultato dei sapienti restauri conclusi di recente.
Lo scalone d’onore. Lo scalone d'onore, che conduce ai piani nobili, è strabiliante per chi lo vede la prima volta: risucchia lo spettatore in un mondo altro, popolato da figure femminili, eroi e scene di vita quotidiana, inseriti in finti fondali architettonici che creano ambienti fittizi e moltiplicano lo spazio reale. Questo è il Settecento, il secolo del rococò “grazioso”, con i colori pastello, le quadrature illusionistiche e la sua raffinatezza senza confini. La vulgata vuole che vi siano rappresentati tre importanti personaggi viscontei: l’antenato della casata, che liberò Brignano dal terribile mostro/biscione che infestava le acque del mitico lago Gerundo; Alberto, che si dà appuntamento con la sua bella damina affacciata al piano superiore; e infine Barnabò Maria, che morì combattendo contro i turchi nel 1688 al servizio della Spagna (raffigurato nella scena di guerra monocroma sulla facciata meridionale). Sulle pareti si alternano imponenti statue allegoriche (Nobiltà, Intelligenza e Generosità), rappresentazioni delle mitiche fatiche di Ercole, simbolo di astuzia e forza, e uomini imparruccati che si aggirano nei finti androni, chi fumando una pipa, chi reggendo una tazza di cioccolata, in un tripudio di festoni vegetali ed elementi decorativi. La narrazione culmina sul soffitto, in uno sfondato che ci porta direttamente sull’Olimpo: la stirpe dei Visconti (il bambino con il biscione avvinghiato alla gamba) riceve la nobiltà (la corona) direttamente da Giove, alla presenza degli altri dei. Tra tutti spicca un incredibile Cupido con ali di farfalla, capolavoro di leggiadria settecentesca. Se non sono stati i fratelli Galliari gli autori di questo ciclo di affreschi, sicuramente lo è stato qualcuno che ne aveva carpito i segreti per realizzare un perfetto apparato scenografico.
La sala del trono.
La sala del trono.
La sala del trono, il soffitto.
La sala del trono, il soffitto.
Sala dell'Innominato.
Una saletta.
Una saletta, il soffitto.
La Sala del trono. La glorificazione della famiglia Visconti prosegue con uguale forza nella Sala del trono. La sua articolata decorazione secentesca (1675 e 1674 sono le date che si leggono su muro e soffitto) esalta la storia del casato in una dirompente teatralità tipicamente barocca. In un finto porticato, che si apre su scorci paesaggistici, stazionano i ritratti a figura intera di otto dei dodici Signori di Milano vissuti tra Duecento e Quattrocento, rappresentati con le loro precise caratterizzazioni fisionomiche. Le figure monocrome, con la stessa possenza delle finte colonne tortili che li affiancano, costituiscono le solide fondamenta su cui era basata la dinastia viscontea. Nella fascia superiore alcune scene delle loro vite sono inserite in un apparato decorativo fatto di pigne, festoni, simboli araldici e putti, incorniciati da volute in finto stucco. Sollevando lo sguardo si osserva un raro esempio di soffitto ligneo dipinto che amplia l’altezza della sala, impostato com’è su un falso loggiato le cui colonne sembrano ribaltarsi all’interno; dalle aperture si affacciano dame e signori, scimmiette e pappagalli.
Le altre sale. Accanto alla Sala del trono si susseguono una serie di altre stanze, probabilmente destinate alla vita privata della famiglia. Tra tutte spicca per dimensioni la Sala dell’Innominato, così chiamata dal celebre personaggio manzoniano, individuato nella figura storica di Francesco Bernardino Visconti, vissuto a cavallo fra Cinquecento e Seicento. In questo lungo ambiente, decorato con affreschi disvelati recentemente sotto spessi strati di intonaco, dovevano svolgersi le feste di palazzo.
Una decorazione misteriosa e bizzarra. Il complesso iconografico della dimora è dunque variegato e complesso, e non è facile darne una descrizione esauriente e puntuale. Se si ha la pazienza di passeggiare con calma nelle sue sale, osservandole con attenzione, si avvertirà una presenza costante e bizzarra: le maschere decorative occhieggiano, con sguardo insistente, dagli angoli remoti di pareti e soffitti. Le troviamo dipinte un po’ ovunque, ed era possibile vederne un’intera serie lignea lungo il sottogronda della facciata di Palazzo Vecchio (oggi rimosse per motivi conservativi). Elemento ricorrente in entrambi i palazzi, le maschere si declinano in molteplici forme stravaganti: visi leonini o femminili, volti fogliuti o baffuti, suggestioni antropomorfe a volte inquietanti, altre eccentricamente buffe.
Su questo motivo iconografico arcaico e misterioso, l’amministrazione comunale ha deciso di puntare molto. A settembre, all’interno di un fitto programma di iniziative volte a valorizzare il potenziale di Palazzo Visconti, verranno esposti trenta mascheroni lignei in una mostra permanente. L’esposizione si avvarrà di tecnologie multimediali che permetteranno analisi multidisciplinari e approfondimenti storici, nell’attesa che i lavori di Palazzo Nuovo, prima o poi, si sblocchino. Perché è solo con l’apertura dell’edificio adiacente e il disvelamento dei suoi tesori che si potrà finalmente avere una visione unitaria del complesso di Brignano, in una lettura che comprenda non solo gli affreschi e le decorazioni interne, ma anche le strutture esterne e lo stupefacente giardino.
Prossimi appuntamenti. Per info su tutti gli eventi di Palazzo Visconti, qui. Il prossimo appuntamento, intanto, è sabato 20 e domenica 21, con lo spettacolo Processo a Barbabò Visconti: signore di giustizia o principe del male. Ingresso fino ad esaurimento posti. È gradita la prenotazione al 347.2235758 oppure via mail. Biglietto d'ingresso 7 euro per adulti, 5 euro per gruppi (minimo 6 paganti), gratuito per ragazzi di età inferiore a 14 anni e pensionati oltre i 65 anni.
[Foto ©Arianna Bertone]