Caccia al tesoro per Bergamo alla scoperta dei resti romani
Testo di: Tosca Rossi, guida turistica di Bergamo.
Foto di: Mario Rota.
Barra, Bergheim, Bergomum e chissà in quali altri modi è stata nominata la nostra città nei secoli dalle antiche popolazioni che la scelsero, quale insediamento privilegiato data la sua favorevole posizione geografica, la sua strategica postazione soprelevata e la copiosa presenza di acqua sul colle. Quante volte assistiamo basiti alla manutenzione “regolare e continua” delle strade o delle vie laterali nel nostro borgo storico e come ogni volta il nostro occhio è colpito da qualche tassello, da qualche pietra, da qualche manufatto che sbuca da sotto il manto stradale. Proprio sotto quel piano di calpestio che ogni giorno meccanicamente calchiamo, passeggiamo o copriamo con distanze chilometriche, ma ormai abitudinarie. Eppure potremmo suggestionare il nostro sguardo e allo stesso tempo allenarlo come dei moderni Sherlock Holmes, dato che molti reperti archeologici, soprattutto di epoca romana (II sec. a.C. - V sec. a.C.), sono distribuiti diffusamente per la nostra città. Basta solo prestare un poco più di attenzione e aguzzare la vista, in una sorta di caccia al tesoro.
Via Arena, Piazza Cittadella, Parco della Crotta
Epigrafe proveniente dal Colle di San Giovanni (Seminario). Ricorda la presenza di giochi gladiatori durante il III sec. d.C.
Potremmo quindi partire da Piazza Cittadella e, prima di imboccare il passaggio della Torre della Campanella, volgerci e osservare l’andamento delle murature sui quatto lati della piazza: scorgeremmo che la parete dirimpetto (quella occidentale, su cui dal 2006 sono riapparsi ben cinque strati di decorazioni affrescate) compie una leggera curva, proprio perché corre sui resti dell’antico teatro o anfiteatro romano! Il luogo era destinato ai divertimenti e agli spettacoli e - se facciamo mente locale - il colle di San Giovanni che lo sovrasta, su cui nei secoli si sono succeduti palazzi nobiliari poi inglobati nella mole del Seminario, è attraversato proprio dalla Via Arena, il cui toponimo rimanda a quella presenza. Non convinti? Allora fate qualche passo in avanti e provate a varcare la cancellata, oltre cui scorgono antiche carraie, e ad entrare nel Parco della Crotta: una volta all’interno voltatevi e, meraviglia, la superficie interna è curvilinea e gli edifici che vi si sono sovrapposti si sono adeguati a questo andamento murario, che presuppone delle strutture di poco sotterranee. In pratica è la stessa sensazione che si prova nella piazza centrale di Lucca, che occupa la scena dell’antico anfiteatro. Purtroppo a noi non è più concesso di godere di quella stessa suggestione! Ci resta altro riconducibile a questo edificio? Ebbene si: le protome taurine conservate nel Museo Civico Archeologico e, riciclati per l’occasione, gli stipiti e l’architrave della chiesa del Santissimo Salvatore affacciata sulla via omonima! Un po’ fuori mano, ma meglio di niente.
Via Colleoni e Piazza Reginaldo Giuliani
Riprendiamo il cammino e imbocchiamo Via Bartolomeo Colleoni (la Corsarola, in tempi più antichi Decumanus Maximus), l’asse est-ovest che contraddistingueva tutte le città romane e che ad un certo punto si intersecava con il Cardo Maximus, l’asse nord-sud (vie Mario Lupo e S. Lorenzo), all’altezza della Torre di Gombito, così chiamata non perché disposta ad angolo retto e quindi “a gomito”, ma perché posta sul compitum (crocicchio), da cui si iniziava a compitare, cioè a fare i compiti, ovvero i conti per tracciare nuove strade (i decumani e i cardi minori), che, intrecciandosi in file parallele e perpendicolari, rigorosamente rette, davano vita al reticolato urbano tipico di ogni insediamento romano. Qualche loro traccia? Certamente! Lente di ingrandimento a portata di mano, chini a terra, ed eccovi giungere in Piazza Reginaldo Giuliani proprio fuori la stazione di polizia locale, dove, a ridosso di una piazzola per un posto auto delle forze dell’ordine, spunta, tutto sbocconcellato, un tratto dell’antico basolato (pavimentazione stradale), così come sullo spiazzo erboso posto sotto l’ingresso terrazzato della Rocca, dove sul parapetto a fatica leggerete di come quei conci siano lì stati traslati proprio da Via Gombito per evitarne il degrado. E meno male, hanno quasi 2000 anni! Attenzione però a non farvi ingannare: i numeri romani che contrassegnano ogni pietra riposata a terra non sono dell’epoca, ma apposti da qualche manovale zelante, che voleva correttamente posizionarli, secondo la disposizione originaria.
La Rocca
Anche la Rocca è importante, perché essendo la cima più in alta in città, doveva ospitare il Capitolium, ovvero il sito su cui emergeva l’area sacra dedicata alla triade capitolina, cioè alle tre maggiori divinità della religione pagana (Giove, Giunone, Minerva, rispettivamente gli antichi Zeus, Era e Atena per i Greci). La stessa chiesa sconsacrata di S. Eufemia, posta dento il Mastio (la torre maestra), quella sopraelevata sotto il camminamento di ronda, dirimpetto l’antica scuola dei bombardieri veneziani, oggi Museo Storico dell’Ottocento, presentava inizialmente una forma circolare, poi dimezzata nel secolo scorso e umiliata da decorazioni eclettiche.
Via Vagine e dintorni
Tornando alle due arterie principali, se volessimo percorrerle ci condurrebbero alle quattro porte di accesso all’antica Bergomum, aperte in direzione dei quattro punti cardinali, ma in questo caso vi vogliamo dissuadere dall’intento: non sono più visibili in quanto sepolte sotto il livello stradale, ma lì forse ancora “aperte”, con a fianco l’allaccio alle antiche mura che tutti i testi rintracciano in Via Vagine, Via Sotto le Mura di Santa Grata e Via degli Anditi.
Borgo Canale
Epigrafe funeraria conservata al Museo Archeologico.
Epigrafe funeraria conservata al Museo Archeologico.
Epigrafe funeraria conservata al Museo Archeologico.
Nei pressi sorgevano le necropolis (le città de morti, ovvero i cimiteri), così che chi fuoriusciva dalla città e chi vi entrava potesse rendere omaggio agli antichi avi. Ed ecco quindi lo sfoggio sulle lapidi di scritte munifiche, affettuose o anche semplicemente ordinarie e formali, così come la varietà di ritratti clipeati, più o meno veritieri e “somiglianti l’originale”, che possiamo ammirare nella prima sala delle tre relative la sezione romana del Museo Civico Archeologico di Bergamo in Piazza Cittadella, nello spazio che raccoglie numerose epigrafi di città e territorio.
Il Campanone e il Museo del Duomo
Portandoci nel cuore storico di Città Alta possiamo dismettere impermeabile, pipa e cappello, in quanto non serve più investigare a fondo, ma affacciarci sugli scavi a cielo aperto posti alla base della Torre del Campanone e su quelli del Museo degli scavi e del tesoro del Duomo (ingresso a pagamento, ma con il supporto di una buona guida, cartacea o meglio se in carne ed ossa, ne vale veramente la pena) per rintracciare i resti dell’antico Forum, ovvero la piazza rettangolare circondata da portici, nella quale si raggruppavano i più importanti edifici della città: i luoghi di culto (templi), la Curia dove si riuniva il Senato, la Basilica dove si celebravano i processi, il Tabularium (archivio), le botteghe e i gabinetti pubblici. L’area era compresa tra Piazza Vecchia (lato sud) e Piazza Reginaldo Giuliani, tra Via Gaetano Donizetti e Via Mario Lupo, e in effetti la superficie e l’andamento quadrangolare di quest’ultimo spiazzo rimanda a questo tipo di preesistenza.
Piazza Mercato del Fieno
Abbiamo bisogno ancora di una buona dose della vostra pazienza, nonché fervida immaginazione, per condurvi nei pressi delle Terme, le antiche Spa della nostra città, individuate in Piazza Mercato del Fieno, nell’edificio posto a fianco dell’ufficietto postale: i bagni pubblici erano frequentati da tutte le classi sociali, non solo per ripulirsi, refrigerarsi o tonificarsi con una sauna (nel Laconicum), ma anche per allenarsi nella palestra (Gymansium), acculturarsi nella biblioteca o incontrare persone per discutere di politica, affari e chissà di che altro. Bisognerebbe scavare più a fondo per rinvenire resti cospicui di Caldarium, Tepidarium e Frigidarium (bagno caldo, tiepido e freddo), ma a noi bastano le iscrizioni onorifiche esposte nel Museo che rimandano alla presenza di questo sito.
E le case?
La domanda sorge ora spontanea: ma questi antichi Romani dove vivevano? Quali erano le loro case e dove erano ubicate? I plebei, il ceto modesto/povero per intenderci, risiedevano nelle Insule, in pratica l’antenato dei nostri condomini, con portici e botteghe a piano terra e abitazioni ai piani superiori, mentre i patrizi, il ceto benestante, nelle Domus. A Bergamo ne esistono ancora? Certo che si! Lungo le due arterie principali dell’abitato, gli antichi decumano e cardo, a livello di cantine e magazzini delle attuali attività ricettivo/commerciali potemmo sicuramente individuare resti delle case plebee, mentre le antiche residenze patrizie erano per lo più disposte sul versante meridionale del colle, prevalentemente lungo le vie Arena e Donizetti, meno disturbate dal chiasso delle attività mercantili, più assolate e sicuramente in posizione panoramica. Appartenuti a questi edifici si ammirano reperti interessantissimi nel nostro museo, che in più offre anche una collezione numismatica e una sezione dedicata alla statuaria.
Piazza Mercato delle Scarpe
E per non farci mancare nulla effettuiamo altri sopralluoghi e impariamo a fare ricognizione: scopriremo che sul fronte dell’edificio della Funicolare in Piazza Mercato delle Scarpe fanno capolino alcune pietre bianche, così come a fianco dell’ingresso meridionale della Basilica di Santa Maria Maggiore o ancora... Eh no, adesso basta con gli aiutini, provate voi a vestire i panni di archeologi in erba e vedrete quanto di sorprendente Bergamo vi possa offrire.