Camillo e Loredana, coppia perfetta

Metti un piatto al Camelì (Ambivere) Uno stellato che è restato osteria

Metti un piatto al Camelì (Ambivere) Uno stellato che è restato osteria
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Ho mangiato la gallina bollita più buona della mia vita. Non voglio esagerare, perché esagerando si rischia sempre di ridicolizzare e ridicolizzarsi, ma ammetto che non c’è paragone con quello che ho assaggiato in precedenza e forse potrei addirittura sbilanciarmi e, dandole un valore assoluto, sentenziare: probabilmente anche le prossime hanno poche chance di reggere il confronto. Ammetto di aver ascoltato un po’ distrattamente (sbagliando) la solita presentazione sull’animale allevato con tutti i sacri crismi dal classico contadino di fiducia locale che lavora ancora come una volta, ma sono stato ben attento quando ho inforcato il primo boccone di carne, prestando attenzione a non contaminarlo con i condimenti per trovarne il sapore naturale. Il pensiero è stato fulmineo: se Camillo e Loredana, le due anime dell’Antica Osteria dei Camelì di Ambivere, volessero un giorno osare più della misura alla quale sono abituati, e servissero questa gallina ai loro ospiti così com’è, senza condimento, sarebbe in ogni caso un piatto straordinario. È altrettanto vero però che i contorni scelti rendono onore alla personalità decisa delle carni. Tre semplici salse: una tonnata leggera con olio di semi di girasole di gran qualità, una salsa verde classica e una aranciata ai peperoni, qualche foglia d’insalata e polvere di carota e pomodoro. Niente di più e niente di meno, tutto al posto giusto, ben calibrato, gustoso, senza sbavature o punte d’eccesso. Insomma: buono. E la prova definitiva della riuscita del piatto sta nel fatto che appena terminato ne vorreste volentieri una seconda porzione.

 

 

Sempre su questa linea sono da provare anche i casoncelli, che seguono lo stesso principio, estrema semplicità e niente intellettualismi, secondo la ricetta che da decenni è conservata nel ricettario del ristorante, che prima di essere santificato dalla stella era uno dei ristori del paese. Schietti e ben conditi con la giusta quantità di burro, pancetta e salvia croccante. Il primo pensiero che viene in mente dopo aver assaggiato tutto questo? Il coraggio di tenere in una carta stellata piatti così legati alla tradizione locale. Il coraggio, ma anche la virtù e il talento di riuscire a proporre due pietanze popolarissime senza snaturarne le vere qualità. Quando si è alla guida di un ristorante stellato, e quindi con certe attese da parte dei vostri commensali, lo sbaglio è una tentazione quotidiana. Non qui.

 

 

Ma oltre alla riflessione, praticamente doverosa, sul confronto con la tradizione, c’è ancora un punto al quale prestare attenzione e che fa la differenza: dopo l’ultimo boccone, appoggiata la forchetta, si è colti da quella particolarissima sensazione di soddisfazione e sazietà tipica della classica mangiata in osteria. O meglio, nasce tra sé e sé spontaneo e confortante (e soprattutto consapevole) il pensiero "Ho mangiato bene", che non è cosa troppo comune seduti a una tavola gastronomica dove invece capita spesso di essere prede dall’effetto Godard: "Deve essere sicuramente buono, ma adesso vado a casa a pensarci bene". L’Antica Osteria dei Camelì è l’unica osteria (a me nota) che è riuscita negli anni a stare in equilibrio tra il vecchio ristoro e una cucina pensata (ogni gesto e ogni ingrediente del piatto sono il risultato di un ragionamento che Camillo è ben felice di raccontare al suo ospite), un’impresa che i più dichiarano impossibile. E anche io ero convinto che scegliere una visione volesse dire tradire l’altra senza possibilità di mezzi termini, ma qui non si tratta di tenere il piede in due scarpe, bensì confezionarne un paio su misura estremamente comode. Una sala decisamente elegante e leggera, ben illuminata e fresca, ricavata nelle sale della casa antica e, all’esterno, una spaziosa corte d’altri tempi. Un luogo tranquillo ma soprattutto accogliente grazie alla squisita gentilezza dei padroni di casa: Camillo Rota, dal passo felpato, sa intrattenere e regala di tanto in tanto qualche chicca enologica da vero intenditore, mentre Loredana Vescovi, la moglie, è chef di assoluta capacità e testa. Indimenticabile.

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