Piazzale Alpini, la rivoluzione spiegata anche agli scettici
La definiscono riqualificazione, ma sarebbe più corretto parlare di rivoluzione. Perché più volte, da inizio Novecento, Piazzale Alpini è stato ritoccato, modificato, ma mai nessuno aveva pensato a un intervento così profondo, tanto da cambiarne la sua natura. Quella della Giunta Gori è una vera scommessa: ridare, anzi dare vita a una delle ferite di Bergamo. Una piazza centrale che, in realtà, pare un angolo di periferia; una zona tanto ampia quanto inutilizzata, dimenticata in primis dai cittadini, che se possono evitano di passarci.
Come per ogni rivoluzione, nei giorni successivi alla presentazione del progetto, avvenuta il 26 luglio, si sono levate voci discordanti: c’è chi è entusiasta e chi, invece, critica. Il sentimento prevalente, però, è lo scetticismo. Basterà davvero cambiare la conformazione dello spazio per cambiarne anche la natura, per dargli un’anima? La risposta la darà solo il tempo ed è per questo che il progetto di riqualificazione/rivoluzione di Piazzale Alpini può essere considerata l’ultima grande scommessa dell’Amministrazione Gori prima del ritorno alle urne il giugno prossimo. È d’accordo anche Remo Capitanio, architetto dello Studio Capitanio e colui che ha pensato e realizzato il progetto.
Architetto, basterà il suo lavoro a cambiare la situazione attuale in cui versa Piazzale Alpini?
«Pensare che un intervento di riqualificazione architettonica possa, da solo, risolvere i problemi che ci sono è sbagliato».
Quindi è d’accordo con chi critica un investimento di circa 1,6 milioni di euro?
«No, dico solo che ci sono problemi sociali che una “riformulazione” della piazza non possono risolvere. Quello che si può fare è mettere in atto anche una serie di interventi che fanno tornare a vivere questo posto».
Oggi è un angolo morto di Bergamo.
«È vero, Piazzale degli Alpini non è assolutamente vissuto da noi bergamaschi. Io ho 40 anni e di lì ci sarò passato sì e no un paio di volte. Chi ci transita lo fa per andare in stazione, e spesso preferisce addirittura stare sul versante opposto».
Intende dire che pochi attraversano il piazzale?
«Abbiamo fatto delle analisi dei transiti per capirlo, e abbiamo visto che i flussi di percorrenza sono primariamente sui bordi».
Come mai?
«La conformazione attuale non ti invita all’ingresso».
Però la riqualificazione non basta, ammette anche lei.
«Non è sufficiente. Ma il Comune, secondo me, è sulla buona strada. È partito in anticipo con altri interventi. Il fatto di mettere lì BergamoScienza è importante, ad esempio. L’intenzione è di rendere Piazzale Alpini il polo della manifestazione. Anche l’idea di collocare in questa piazza l’Informa Giovani è un’ottima cosa. Si andrà a creare un nuovo affaccio sulla piazza. E questa è proprio una delle condizioni che hanno mosso il nostro progetto».
In che senso?
«Attualmente lo spazio è incentrato sull’assialità rispetto al Vittorio Emanuele: la pavimentazione attuale, unica e centrale, fa da “tappeto di ingresso” alla scuola, dimenticando il resto dello spazio. Noi abbiamo cercato di scardinare questa linearità con una pavimentazione più “mossa”, favorendo così il doppio affaccio».
Quindi il progetto è stato realizzato in parallelo con le idee di utilizzo del piazzale.
«Assolutamente sì. Le iniziative che ha in mente il Comune possono portare a un cambiamento, principalmente di uso, della piazza».
Questa impostazione, però, porterà a una diminuzione del verde e a un aumento del cemento.
«Semplicisticamente parlando, sì. In verità abbiamo una riduzione del verde che, su tredicimila mq, è di circa duemila mq, un 15 per cento. Ma il verde che andremo ad eliminare è...»