Il salame orobico merita più fama Se solo ci impegnassimo un po'
Foto Bergamopost/Luca Della Maddalena
Abbiamo un tesoro in casa e non vogliamo condividerlo con nessuno. O forse non ne siamo capaci? È sotto gli occhi di tutti, o meglio, nei piatti di tutti, ma mica ce ne accorgiamo che quando prendiamo in mano una fetta profumata di saporito salame nostrano stiamo per addentare una delle cose più buone che abbiamo. Nonché una delle meno raccontate. La concorrenza in Italia non manca di certo, tra salame Felino, di Varzi, il Mantovano o quello Piacentino, ma anche lo Strolghino e il Ciauscolo hanno il loro peso: tutti ben conosciuti e frequentati dai turisti gastronomici.
Beh, anche quello bergamasco potrebbe avere un ruolo di spicco nella norcineria italiana per le sue specifiche qualità, dalla base della speziatura, all’uso delle parti nobili della carne di maiale in purezza e senza aggiunte, alla stessa possibilità intrinseca (se ben fatto) di durate a lungo nel tempo sviluppando profumi, aromi e sapori inattesi e sorprendenti. Potrebbe addirittura fare il suo ingresso tra i migliori prodotti di charcuterie. Invece lo screditiamo un po’ a ruolo di companatico o abbinamento per tradizione a un piatto di polenta (posti in cui si trova benissimo, sia chiaro).
Ma è anche vero che ha tutte le carte in regola per stare definitivamente sui grandi taglieri al fianco di culatelli e prosciutti crudi rinomati. Se ci si impegnasse un po’ di più si potrebbe portare a condividere quel sapere domestico e secolare che fa la fortuna (o sfortuna) di ogni produttore casalingo. Se ci si impegnasse un po’ di più oltre che per il Taleggio e Strachitut, Bergamo potrebbe essere un tappa gastronomica anche per questo insaccato. Se ci si impegnasse un po’ di più si potrebbe costruire un disciplinare rigido e particolareggiato, ma finché stiamo qui solo a dirci l’un l’altro ol mé l’è piö bù, non andiamo lontani.