Tra opera e lirica

Tutti i teatri della storia di Bergamo

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Dobbiamo abituarci all’idea che il nostro Donizetti calerà il sipario per ben due anni consecutivi, mese più mese meno, e che quindi bisognerà cercare delle valide alternative. I prescelti sono il Teatro Sociale in Bergamo Alta e il Palacreberg in Celadina, anche se il sapore che vi si respirerà, ovviamente, sarà completamente diverso. Ma Bergamo nei secoli ha potuto vantare solo questi risicati templi della musica, dell’opera e della lirica? Ebbene no, dato che la nostra città contava su una decina circa di luoghi preposti all’attività scenica, naturalmente non tutti ad accesso pubblico.

Le rappresentazioni secentesche. I primi teatri in città fanno capolino nel corso del Seicento, costruiti interamente in legno e collocati all’interno dei palazzi nobili. Le cronache narrano nel 1654 della prima de l’Ercole effemminato, rappresentazione all’interno del Palazzo della Ragione, e via via si susseguono tutte le altre. Un altro teatro in legno è quello che nel 1686 venne allestito nel cortile dei conti Secco Suardo, in Via Colleoni, ma resistette poco meno che dieci anni: l’ultima rappresentazione andò in scena nel 1695 Ottaviano di Siviglia.

 

Bergamo nel Seicento

 

La vivace vita teatrale del Settecento. Sempre all’interno del Palazzo della Ragione nel 1798 fu edificato il Teatro Cerri, dotato di 74 palchi su tre ordini, ma che chiuse i battenti dopo solo dieci anni: in realtà la sua mission predeterminata era quella di fare concorrenza al Teatro Riccardi in Città Bassa, l’attuale Donizetti, per cui le sue stagioni spesso si prolungavano per diversi mesi occupando talvolta quasi tutto l’ano solare.

Nel 1760 fu la volta del Teatro alla Cittadella, posto all’interno del salone del Camerlengo veneziano, dal taglio prettamente musicale e attivo soprattutto durante il Carnevale, quando alla città era permesso di tutto e di più! Ebbe vita un pochino più lunga degli altri, quasi trent'anni, dato che nel 1797 un incendio se lo portò via e ironia della sorte proprio pochi giorni dopo l’ingresso in città delle truppe francesi.

Anche in Città Bassa la vita teatrale era molto movimentata: vi erano il Teatro Riccardi, che inaugurato nel 1793 apriva il sipario in autunno e per Carnevale e il Teatro della Fiera, funzionante solo in tempo di Fiera, quindi tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, e durante la Quaresima. Il Riccardi, come si sa, venne quasi interamente distrutto da un incendio colposo nel 1797, ma venne riaperto con tutti i fasti del caso nel tempo record di due anni.

 

Il Teatro Riccardi

 

Il Teatro Sociale. Ma Città Alta, il regno della nobiltà ancora stancamente imbellettata e imparruccata, non poteva restare senza vizi e intrattenimenti, quindi dopo la demolizione dello stabile in Cittadella e la perdita del Cerri in palazzo della Ragione deliberò per una nuova arena, il Teatro della Società. Grazie ad una delegazione di 54 notabili: questi, fagocitati dal conte Pier Luigi Vailetti di Salvagno, sborsarono una quota pro-capite di 5000 lire per costituire il nuovo teatro. Il progetto presupponeva di individuare un’area centrale, di edificare rigorosamente in muratura per prevenire gli incendi, acquistare gli eventuali stabili, pubblici e privati, e incaricare un progettista dallo spiccato gusto neoclassico per la sua realizzazione. Il Teatro della Società, quindi, sorse sull’area ricavata da demolizioni di vecchi edifici, malsani e fatiscenti, posizionati tra la Corsarola e Piazza Vecchia, dietro l’antico Palazzo del Podestà veneto, all’epoca destinato a sede del nuovo Tribunale. L’incarico fu affidato all’architetto austriaco Leopoldo Pollack, allievo di Giuseppe Piermarini, e chiamato simpaticamente dai bergamaschi Stanislao Polacco: il “Polacco” stilò il progetto nel 1803 per un teatro all’italiana e i lavori si protrassero fino alla fine del 1808, quando venne inaugurato con una capienza di 1300 posti a sedere, distribuiti su tre ordini di palchi ed un loggione, con una platea dalla elegante forma ovale di stampo francesizzante.

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Foto di juzaphoto/ivanp

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Calcarono le sue scene le opere accompagnate dai loro compositori più noti, tra cui Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi, Vincenzo Bellini e Gioachino Rossini, ma dopo alti e bassi e diverse gestioni, infine la Gande Guerra, ne venne decretata la chiusura avvenuta nel 1929. Da quel momento lo stabile venne destinato ad un lento e inesorabile stato di abbandono, finché nel 1974 il Comune di Bergamo lo ha acquistato e adibito prima a suggestiva sede espositiva e poi nuovamente a palcoscenico grazie a una campagna di restauri terminati nel 2009 (550 posti) e che gli ha tributato nel 2014 il Premio Europa Nostra istituito dall’Unione Europea nel 2002.

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