Il gioiello segreto di Piazza Vecchia Tour dentro San Michele all'Arco
Foto di Mario Rota.
Qualche settimana fa ha riaperto, restaurata e splendida, la Biblioteca Civica Angelo Mai e, se qualcuno si è recato saggiamente in visita ad ammirarla, durate le visite gratuite guidate ha di certo sentito far riferimento ai locali posti a sinistra dell’atrio, interdetti da una cancellata che immette all’interno della ex chiesa di San Michele all’Arco.
È la chiesetta che si può intravedere giungendo da via Colleoni o, appena appena di scorcio, sostando all’inizio di Piazza Vecchia, lato verso Casa Suardi. Vi siete mai chiesti cosa ci sia dietro quella piccola facciata con bel portale modanato, che si incassa arretrata tra le vie Colleoni e Rivola e il lato occidentale della biblioteca? Ci siete mai entrati? Avete idea di cosa celi quell’edificio così ritirato e silenzioso nonostante la spada sguainata del santo che le dà il nome, posto in testa all’edificio?
Innanzitutto, la chiesa è così chiamata perché sorge, secondo le fonti, nei pressi di un antico arco trionfale romano (c’è chi dice eretto in omaggio all’imperatore Nerone), dove venne rinvenuta anche una pavimentazione musiva raffigurate sirene e anfibi. Il suo aspetto medioevale, le cui fondamenta risalgono al IX secolo, si ritrova percorrendo via Rivola, dove, nella tessitura muraria, è ancora possibile riconoscere con meraviglia la primitiva facciata con l’arco di accesso e il locale a sinistra (oratorio e vestibolo in cui si venerava un crocefisso proveniente dall’antico cimitero), mentre, superato l’angolo e correndo attorno all’edificio della Mai, ci si trova dinanzi la vecchia canonica, che nel tempo è diventata anche magazzino, laboratorio artigiano, atelier di pittori e ora abitazione privata.
Dell’antica chiesa medioevale e dell’arco, così come dell’antica fontana vicinale posta nei pressi del sagrato, non restano tracce, in quanto il tutto sorgeva ad un livello stradale più basso, sepolto dall’attuale pavimentazione di lastre d’arenaria grigia. Una memoria del 905 accenna alla presenza di un monastero di benedettine, di cui si ha testimonianza fino al 1051, e di un ospedaletto, dismesso già prima del Quattrocento. Grazie anche alla sua posizione centrale, la chiesa diviene vicinale prima del Mille e gradualmente le viene concessa la pratica di alcune funzioni parrocchiali, tra cui l’amministrazione del battesimo, fino ad eleggerla Parrocchia.
Veniva officiata quotidianamente la messa, grazie alla MIA e al fatto che vi avesse sede il Consorzio dei Carcerati, un’associazione laica che provvedeva ai bisogni dei detenuti e il cui deposito delle attrezzature e delle provviste era in via Arena, nell’edificio che ospitava fino a qualche anno fa la Banca Diocesana. Il tutto anche per compendiare gli esigui spazi offerti dalla cappelletta delle carceri al Campanone, soprattutto in occasione dell’estrema unzione dei condannati a morte, spesso sepolti sotto il pavimento della chiesa o nel cimiterino o, ancora, nella nuova chiesa settecentesca dedicata alla Santissima Carità o al Santissimo Crocifisso di via Arena (distrutta) e retta dalla Nobile Confraternita della Buona Morte.
Solenni cerimonie e processioni funerarie non si contano, riservate a tutte le classi sociali, data la sua posizione nel cuore della vita cittadina e a ridosso del Locho pubblico (il bordello: e sovente in estate, durante le celebrazioni, il parroco chiedeva ai fedeli di accostare le porte, per far sì che i sospiri esterni non disturbassero le funzioni), con salme trasportate dalla abitazione terrena alla chiesetta al calare della sera, accompagnate da preti, frati, incappucciati e bimbi tra cui molti orfanelli pare, tutti recanti fiaccole e candele.
Tra il 1606 e il 1608 viene occupata dai Padri Teatini, devoti a San Gaetano da Thiene, che poi si trasferiscono in Sant’Agata. Il nuovo aspetto barocco e il nuovo orientamento nord-sud si devono al più importante architetto dell’epoca, Giovanni Battista Caniana, che iniziò i lavori nel 1743 e li concluse entro il 14 agosto del 1745, in tempo per la consacrazione. Ma questo non valse a riscattare l’edificio, che venne via via privato di pertinenze a favore della Municipalità, la quale incominciò a sbocconcellare prima il sagrato, poi la canonica, la sacrestia e infine il cimiterino, per edificare prima la Loggia Nuova, poi il Regio Nuovo e infine, a partite da 1599, la mole del Palazzo Nuovo, l’allora Municipio cittadino.
Nel 1805 San Michele cessò di essere Parrocchia e venne aggregata, quale sussidiaria, alla Cattedrale di Sant’Alessandro, fino alla sua sconsacrazione avvenuta nel 1955, che la portò a divenire l’odierno deposito della Biblioteca Capitolare, prima nei locali della canonica in via Mario Lupo. La scelta era necessaria, dato che si era tentato di far spazio alle migliaia di libri delle collezioni Mai scavando a monte della biblioteca, salvo però rinvenire dei resti romani oggi celati da vetrate. E anche l’altra ipotetica collocazione, Casa Suardi in Piazza Vecchia, era stata scartata.
Per quanto riguarda la struttura originaria, oggi di quell’edificio resta tutta la decorazione delle volte e della cupola, opera di Carlo Innocenzo Carloni realizzata nel triennio 1757/60 e raffigurante arcangeli, profeti e San Michele che scaccia gli angeli ribelli, e la quadreria, distribuita ed esposta tra la prima e la seconda sacrestia del Duomo di Bergamo. Non tutto è perduto!