l'indagine dei sindacati

Anziani lombardi: il 14 per cento degli over80 vive «un'autoreclusione domestica»

In Lombardia oltre 2,3 milioni di persone hanno più di 65 anni. Tra gli ottantenni si calcola che oltre 400 mila non siano autosufficienti

Anziani lombardi: il 14 per cento degli over80 vive «un'autoreclusione domestica»
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In Lombardia ad oggi si contano circa 2,3 milioni di cittadini con più di 65 anni; una platea a cui ogni anno si sommano dalle 40 alle 50 mila persone. E se ci si concentra sui cosiddetti “grandi anziani”, ossia gli ottantenni, si calcola che oltre 400 mila lombardi non siano autosufficienti. Inoltre, il 14 per cento degli anziani ultraottantenni vivrebbe un’autoreclusione domestica, ossia vivono di fatto confinati in casa, con evidenti problemi nella fruizione dei necessari servizi quotidiani.

Sono alcuni dati che emergono da un’indagine svolta dai sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil che in collaborazione con l’associazione per la ricerca sociale di Milano hanno costituito un Osservatorio regionale sulla terza età. Una ricerca per avviare un confronto con Regione Lombardia sul tema della condizione degli anziani, che il sindacato unitario dei pensionati lombardi aveva già formalizzato negli anni scorsi con la richiesta di apertura di un "Tavolo anziani", che dovrebbe prevedere la partecipazione degli assessorati al Welfare, alle Politiche sociali, abitative e dei Trasporti, e con il coordinamento della presidenza della Regione.

L’indagine

Per condurre l’indagine sono stati raccolti attraverso questionari dati tra luglio e settembre dell’anno scorso, che verranno confrontati con quelli ottenuti alla fine della prossima estate. Lo studio ha coinvolto oltre mille cittadini residenti in Lombardia, di età compresa tra i 65 e gli 85 anni: un campione costituito secondo quote che ne garantiscono la rappresentatività rispetto alla popolazione anziana complessiva. Questa platea è stata suddivisa in “giovani anziani”, sessantacinquenni/settantenni, e “grandi anziani”, ossia gli ultraottantenni.

Nonostante ci siano ampie quote di anziani che vivono un relativo benessere, emerge un 15 per cento con problemi di non autosufficienza, parziale o totale. Si tratta soprattutto “grandi anziani”, che abitano da soli e che spesso hanno bassi livelli di istruzione.

Inoltre, gli anziani lombardi avrebbero una bassissima propensione a cambiare residenza, elemento che implica a sua volta un basso livello d’interesse per le soluzioni abitative alternative, come il co-housing, probabilmente perché ancora poco conosciute. Legato al tema abitativo un’altra problematica riguarda l’accesso all’abitazione: un anziano su tre riporta la presenza di ostacoli, anche lievi come gradini o porte strette, che rendono difficoltosa la deambulazione nella propria abitazione.

Ci si sente più soli nei paesi piccoli

La ricerca evidenzia che, forse in modo inaspettato, la solitudine è percepita maggiormente dagli anziani che vivono nei piccoli centri, dove ci si aspetterebbero maggiori legami di vicinato. Mentre questa sensazione si affievolisce a Milano, nonostante la quota di pensionati che vive da sola nel capoluogo sia maggiore della media regionale.

Milano emerge come una realtà a parte rispetto al resto della regione: gli anziani vivono più spesso in affitto che altrove, ma sembrano essere un po’ più autonomi, un po’ più capaci di arrangiarsi anche da soli grazie a relazioni, trasporti e supporti territorialmente più densi rispetto al resto della regione.

Mediamente, l’indagine ha rilevato che gli uomini escono molto di più delle donne anziane e che vi è una grande disparità anche rispetto all’istruzione ricevuta: chi è più istruito esce di più, socializza di più, è più proiettato sul mondo esterno.

Complessivamente, alla domanda che dà il titolo alla ricerca “Più fragili dopo la tempesta?”, i dati e le esperienze raccolte danno una risposta affermativa: laddove l’83 per cento degli aiuti ricevuti dagli anziani per rispondere ai loro vari bisogni, proviene da familiari, oggi di fonte ai nuovi bisogni causati dall’emergenza pandemica, i familiari sono riusciti ad offrire un’azione di supporto solo nel 49 per cento dei casi.

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