In estinzione

Dolce miele, addio: fra cento anni potrebbe scomparire per sempre

Dolce miele, addio: fra cento anni potrebbe scomparire per sempre
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Il miele: un alimento in estinzione. Fra cent'anni potremmo non poterlo più spalmare sulle fette biscottate della nostra colazione, usarlo come lenitivo a stati influenzali e malesseri di naso e gola, come alternativa allo zucchero o come base per dolci. Complici soprattutto cambiamenti climatici e lo sfasamento della lunghezza delle stagioni. Lo annunciano i ricercatori dell'Università di Milano, nello studio Ricerca su possibili influenze dei fenomeni climatici e ambientali quali fattori determinanti l’assottigliamento delle popolazioni apistiche mondiali.

Il problema dei cambiamenti climatici. I cambiamenti climatici sono i maggiori responsabili di questa possibile scomparsa. L’ultimo rapporto dell’Osservatorio nazionale miele attesta che il 2017 è stato un altro anno nero per l’apicoltura, soprattutto nelle regioni del Nord Italia. A causa di diversi fattori ambientali: la forte e lunga siccità di fine inverno 2016-2017, che, secondo gli apicoltori italiani dell’Unaapi, avrebbe ridotto dell’80 per cento la produzione, in quando i fiori, privi di sufficiente nettare e polline, non consentirebbero alle api di creare miele in adeguate quantità né di impollinare le colture agricole. A ciò si aggiungono i repentini sbalzi termici, con bruschi abbassamenti delle temperature, e altri eventi meteorologici. A farne le spese sono state soprattutto alcune qualità di miele: quello di acacia, assente per il secondo anno consecutivo su tutto il territorio, sopperito in parte dalla produzione del miele di agrumi siciliani e del Sud Italia e, nel Nord, dai mieli di montagna: tiglio, rododendro e millefiori. Con conseguente aumento dei costi produttivi, e dunque anche per il consumatore.

 

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L’impatto sulle api. La stagione corta e calda ha aumentato di circa 20-30 giorni in più del normale l’attività e il lavoro delle api, con ricadute stressanti anche sugli impollinatori. Il tutto a danno della salute delle api, sempre meno in forma e sempre più compromessa. Perché troppo stress, in buona sostanza, fa male anche a loro e alla produzione di miele. La causa è uno squilibrio tra la fase della fioritura e la ripresa delle attività di volo delle api, successiva all’inverno, troppo repentina. Cambiamenti stagionali che avrebbero anche influito, dicono gli esperti, sul ciclo vitale delle api, in particolare sulle covate, che tendono a bloccarsi.

Report e numeri. Pesticidi e clima, dunque, sarebbero i due fattori di rischio responsabili del deficit dell’apicoltura, confermati anche dal monitoraggio del ministero delle Politiche Agricole, evidenziato dal progetto BeeNet, la Rete nazionale di monitoraggio degli alveari. Lo studio rileva le campionature di produttività attraverso cinque postazioni localizzate in siti geografici rappresentativi dei vari contesti agronomici e ambientali del territorio italiano. Mentre la rete è in grado di fornire un attento monitoraggio delle api domestiche, non è altrettanto puntuale riguardo alle condizioni delle api selvatiche, di cui si conosce poco o addirittura nulla, soprattutto in termini di perdita.

 

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Eppure, le api selvatiche attraverso l’impollinazione sostengono l’intera agricoltura nei nostri territori. Un esempio della loro importanza è dichiarato dal secondo Rapporto sul Capitale Naturale in Italia, presentato dal ministero dell’Ambiente a febbraio 2018. Il documento attesta che nel 2012 il valore della produzione agricola di mele, pere e pesche è stata di 473,48 milioni di euro, con un impatto di  56,96 milioni di euro di valore economico direttamente dipendente dall’impollinazione per il settore mele, pere e pesche. In definitiva, il servizio d’impollinazione fatto dalle api contribuisce con circa il 12 per cento sul valore della produzione agricola del settore fruttaiolo esaminato.

L’Ipbes è invece il gruppo di esperti di 124 Paesi che, per conto della Convenzione Internazionale sulla Diversità Biologica, si impegna nello studio e ricerca della perdita della biodiversità e del conseguente impatto, anche economico, sui servizi ecosistemici a livello globale. Il gruppo di esperti, nel 2016, ha redatto un primo rapporto dal quale emerge che il 16 per cento degli impollinatori selvatici a livello mondiale è in serio pericolo e a rischio di estinzione. Lo sarebbe, in particolare, il 40 per cento delle specie di api selvatiche e farfalle: ci vorrà un po’ di tempo ‘fisiologico’ alla loro scomparsa, ma questa faccenda spiegherebbe perché potremmo aspettarci la scomparsa definitiva del miele da qui ed entro i prossimi 100 anni.

 

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Salviamo miele e api! Dopo la presentazione del rapporto dell’Ipbes si è costituita una coalizione internazionale, con lo scopo di fare rete, proprio attraverso il web, per decidere e intraprendere azioni efficaci a tutela e salvezza degli impollinatori, e dunque del servizio ecosistemico dell’impollinazione e della produzione di miele. Ma non è tutto: sull’onda protettiva pro-miele, continua anche la campagna del Wwf Bee Safe che, oltre ad alzare l’attenzione sulla questione api e miele, chiede all'Unione Europea anche maggiori impegni per la salvezza degli impollinatori.

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