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Riapertura tra Regioni, perché la Lombardia è ottimista (non si guarda solo l'indice Rt)

Il professor Signorelli spiega che l'algoritmo su cui si basa l'Istituto Superiore di Sanità fa riferimento a 21 valori che esaminano i singoli aspetti della malattia

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In questi giorni, si sta molto parlando della possibile imminente riapertura dei movimenti delle persone tra Regioni. Una decisione del Governo è attesa per il 3 o il 7 giugno, le cose e le posizioni da limare (come dimostrano le recenti polemiche tra governatori del Sud e quelli del Nord) sono tante e proprio per domani, 30 maggio, è attesa una conferenza Stato-Regioni per fare un po' di chiarezza.

È noto dall'ultimo Dpcm, però, che per riaprire ci devono essere le condizioni. Ovvero che la situazione dei contagi sia sotto controllo. In tal senso, la Lombardia è una delle Regioni che preoccupa maggiormente, dato che presenta ancora molti contagi in rapporto al numero complessivo nazionale. Ieri il governatore Fontana si è detto fiducioso, sebbene l'indice Rt, che calcola fondamentalmente il tasso di contagiosità ancora presente sul territorio, in Lombardia sia più alto che in altre Regioni. Il motivo dell'ottimismo lo ha spiegato in un intervento il professor Carlo Signorelli, docente di Igiene e Sanità pubblica all’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano e all’Università di Parma.

«Non esiste solo l’indicatore Rt per stabilire se una regione è più o meno a rischio. L’algoritmo su cui si basa l’Istituto Superiore di Sanità fa infatti riferimento a 21 valori che esaminano i singoli aspetti di questa malattia (ricoveri, dimissioni, guarigioni, nuovi casi, e altri).

Bisogna leggere tutti gli indicatori e avere molta cautela, in particolare per quelli che derivano da nuovi casi. Più che ai dati della singola giornata, è necessario fare attenzione ai trend che, in Lombardia, sono in diminuzione. A oggi infatti calano i ricoverati in terapia intensiva e negli ospedali. Tutto lascia intendere, dunque, che possiamo guardare avanti con un moderato ottimismo.

È importante sottolineare un altro segnale importante: in Lombardia, dove c’è una centrale unica per le chiamate di emergenza urgenza, nelle ultime settimane si è tornati, per le urgenze di tipo respiratorio, ai livelli antecedenti il Covid, con pochissimi pazienti nei Pronto Soccorso e quasi nessuno grave da determinare accessi alla terapia intensiva».

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