Protocollo nazionale

Dai tamponi rapidi ai Covid Center: Bergamo detta le linee della cura Covid in Italia

Per mesi gli esperti hanno discusso sulle linee guida, poi il 20 ottobre i medici orobici hanno portato a Roma il nostro documento. Decisiva la "lettera aperta dei seicento"

Dai tamponi rapidi ai Covid Center: Bergamo detta le linee della cura Covid in Italia
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Il ministero della Salute mercoledì 11 novembre ha finalmente ultimato il Protocollo nazionale per la cura della malattia che sta funestando l’Italia e il mondo: la Covid-19 o, come di norma si dice, il Covid-19, malattia che è originata da un particolare Coronavirus (scientificamente Sars-CoV-2). Un Protocollo nazionale di cura, atteso da tempo, un approccio che dovrebbe chiarire e unificare le terapie efficaci che vengono somministrate ai pazienti nei diversi stadi della malattia. L’attesa è stata lunga perché il virus si è presentato sul nostro territorio solamente nove mesi fa, nel febbraio scorso. Sottovalutato in un primo tempo, si è poi manifestato in tutta la sua forza patogena nel mese di marzo, proprio sul nostro territorio. L’attesa è stata lunga a causa dell’inesperienza, ma anche per via della divisione che c’è stata fra i diversi infettivologi ed epidemiologi. Alla fine l’annuncio di mercoledì. Il Protocollo sarà ufficializzato nei prossimi giorni.

Alla decisione di pubblicare questo disciplinare di cura ha contribuito anche la presa di posizione partita dall’ospedale di Bergamo nel marzo scorso, con l’ormai famosa lettera di riflessione e di denuncia che venne redatta da alcuni medici, in testa l’anestesista Pietro Brambillasca e il dottor Mirco Nacoti. L’hanno firmata seicento medici. La lettera aperta in una prima versione, a marzo, fu pubblicata su Nejm Catalyst, giornale medico inglese molto prestigioso. Una serie di osservazioni di grande pertinenza e chiarezza di visione. Uno dei contributi importanti dati dall’ospedale di Bergamo alla lotta alla malattia (ricordiamo anche lo studio decisivo sulle trombosi scatenate da questo virus e sullo strano rapporto fra il microorganismo e le difese immunitarie).

I medici di Bergamo hanno stabilito un vero protocollo bergamasco che è stato portato al ministero della Salute il 20 ottobre. Cinque operatori sanitari della nostra provincia sono stati ricevuti al ministero dalla sottosegretaria Sandra Zampa e da funzionari del ministero. Era presente anche l’onorevole Elena Carnevali. I medici bergamaschi (Brambillasca, anestesista, Nacoti, anestesista con esperienza nei contesti di crisi umanitarie, Mastropietro, medico di medicina generale, Altobelli, pediatra di famiglia, Zanotti, infermiera delle cure a domicilio integrate) hanno portato a Roma il «Protocollo Covid condiviso, terapeutico e organizzativo, risultato del lavoro collegiale dei medici di assistenza primaria di Bergamo, che vorremmo replicare in modo uniforme sul territorio nazionale». I medici hanno proposto, per esempio, l’impiego «di massa dei tamponi rapidi antigienici sul territorio, trasportabili e ripetibili». Un altro elemento fondamentale è la «divisione della filiera Covid-non Covid, anche con l’uso di Covid center, per evitare il rischio di contagio all’interno degli ospedali, per restituire fiducia circa la sicurezza delle cure ai malati non Covid per tutto il periodo epidemico ed evitare contaminazioni con altre patologie».

Nel protocollo bergamasco una parte è dedicata all’importanza dell’assistenza domiciliare «che nel primo picco epidemico sul territorio bergamasco, per la sua presenza capillare, ha spesso colmato il vuoto di altri servizi sanitari territoriali» (il riferimento è in particolare a quel provvedimento nazionale che impediva ai medici di base di andare al domicilio dei malati di Covid). Il protocollo bergamasco è molto articolato e profondo (...)

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