Niente deroga per Bergamo, Gori e Gafforelli: «Perché prevederne la possibilità?»
Il Ministero della Salute ha escluso la possibilità di limitazioni calibrate sulle singole province. Il sindaco e il presidente della Provincia: «Assurdo aver scritto una norma che risulta inapplicabile»
Nel verbale della Cabina di regia del Ministero della Salute, reso noto venerdì scorso (22 gennaio), si specifica che non è possibile applicare il sistema di classificazione del rischio epidemiologico «a un livello territoriale diverso da quello regionale». Tradotto: la classificazione delle Regioni in zone rosse, arancioni e gialle non si può applicare alle province. Ma allora, «se non è possibile riconoscere la specificità di singoli territori, emendando il sistema di classificazione a colori delle zone di rischio Covid-19 basato sulle regioni, per quale motivo è prevista questa possibilità nella legge che lo ha istituito?».
È la domanda che attanaglia il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e il presidente della Provincia Gianfranco Gafforelli, che il 15 gennaio avevano chiesto al Ministero della Salute di valutare una deroga alle misure restrittive per il territorio bergamasco. I dati epidemiologici della provincia, infatti, mostrano una situazione in netta controtendenza rispetto al resto della Lombardia, con numeri da zona gialla, se non addirittura da zona bianca.
Secondo il parere dato dei tecnici del Ministero (QUI è disponibile il verbale) sarebbe impossibile stabilire limitazioni a singole porzioni del territorio. Tuttavia, l’applicazione delle restrizioni ad aree circoscritte avrebbe il duplice vantaggio di evitare, da un lato, di colpire inutilmente le provincie meno colpite dai contagi, dall’altro di contenere più efficacemente la diffusione del virus dove si manifestano focolai rilevanti.
«Ci chiediamo – aggiungono Gori e Gafforelli – perché nella legge si sia allora voluta prevedere la possibilità di deroga “per specifiche parti del territorio regionale in ragione del rischio epidemiologico”. Sarebbe assurdo aver scritto una norma che risulta inapplicabile e superflua, anche quando si realizzano le condizioni previste».
Per la Bergamasca si tratta dell’ennesimo duro colpo, arrivato al termine di un fine settimana caratterizzato dalle polemiche lungo l’asse Milano-Roma per l’istituzione per errore della zona rossa in Lombardia. Un episodio che promette di creare non poche scintille anche tra il Pirellone e i sindaci del centrosinistra lombardi, che hanno richiesto a gran voce trasparenza in merito ai dati epidemiologici.
L’opinione del Ministero sembra però purtroppo non avere possibilità d’appello. «In considerazione dell’elevata mobilità intra provinciale e regionale – si legge nel verbale - della circolazione del virus non solo in tutta la Regione, ma anche in tutti i territori richiedenti con livelli di incidenza molto diversi in aree contigue, dell’incidenza complessivamente elevata nella Regione Lombardia e dell’impatto ancora molto elevato dell’epidemia sui servizi sanitari, considerata la impossibilità di questa cabina di regia di valutare in modo puntuale la resilienza a livello sub-regionale, in linea generale si ritengono non esenti da rischi, eventuali rilassamenti localizzati delle misure in questa fase epidemica».