Il dubbio

E se l'ultimo capolavoro di Palma il Vecchio, all'asta a Colonia, fosse invece una copia?

Lo studioso bergamasco Roberto Belotti di Serina, compaesano del grande pittore, ricorda i non pochi dubbi già sollevati negli anni ’80 da Philip Rylands, fra i maggiori studiosi del pittore cinquecentesco

E se l'ultimo capolavoro di Palma il Vecchio, all'asta a Colonia, fosse invece una copia?
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di Giambattista Gherardi

La notizia, negli ultimi giorni, ha destato non poco interesse fra esperti e studiosi di mezzo mondo, anche e soprattutto in Bergamasca, terra natale del grande pittore.

La Venere in un paesaggio, che secondo alcuni sarebbe l’ultima opera di Palma il Vecchio dipinta prima della morte a Venezia nel 1528, andrà all’asta a Colonia (Germania) il prossimo 5 giugno. E con una quotazione “a salire” non certo banale, poiché la stima della casa d’aste Lempertz oscillerebbe fra i 600 e gli 800 mila euro.

Un “colpo di scena” destinato a scuotere il mercato e il mondo della storia dell’arte, sul quale emergono però dubbi e perplessità. A sollevarli, facendo memoria di analisi pubblicate negli anni ’80, è lo studioso Roberto Belotti di Serina (paese natale di Palma il Vecchio) autore del volume Palma il Vecchio, la diligente tenerezza del colore pubblicato da Corponove nel 2019 con sezione iconografica curata da Silvana Milesi.

«Il dubbio - spiega Belotti - riguarda la paternità dell’opera assegnata a Palma il Vecchio. A esprimere una ragionata perplessità è stato, in tempi non sospetti, l’autorevole storico dell’arte Philip Rylands, che oggi è probabilmente il più profondo conoscitore della pittura del Palma che vi sia al mondo. Nato a Londra nel 1950, formatosi al prestigioso King’s College di Cambridge, nel 1988 Rylands ha pubblicato per la casa editrice Mondadori l’ampia monografia Palma il Vecchio, l’opera completa. Un lavoro che nel 1992 è stato stampato in lingua inglese per i tipi della Cambridge University Press».

La "Venere e Cupido" di Palma il Vecchio, oggi a Cambridge

«Ebbene - aggiunge Belotti -, Philip Rylands, che ho potuto conoscere personalmente in una sua visita a Serina nel 1981, nella scheda riservata alla Venere in questione (pag. 234 della sua monografia in lingua italiana) espresse un giudizio particolarmente dettagliato».

In effetti, le parole nero su bianco dello studioso anglosassone sono una doccia estremamente gelata per gli entusiasmi sollevati dall’asta in programma a Colonia. «Venere - scriveva Rylands - giace su un manto rosso ciliegia con ombre marrone, eseguito con la mancanza di sensibilità che ci si aspetta da una copia. Le perle intrecciate nei capelli sono messe giù con rapide pennellate che suggeriscono una mano di molto successiva a quella di Palma, come per altro emerge dall’effetto visivo complessivo. La mancanza di Cupido dalla composizione, e della freccia che ha dato a Venere (riferimento alla tela del Palma Venere e Cupido del Fitzwilliam Museum di Cambridge), fa sì che quest’ultima resti sospesa nel gesto di tener sollevato un drappo, e la mancanza di senso di tal gesto è una chiara dimostrazione che si tratta di una replica di Palma il Vecchio, e non di un dipinto autografo».

L'opera di Rylands dedicata a Palma il Vecchio

Roberto Belotti segnala come Rylands abbia anche aggiunto nella sua opera una scheda bibliografica relativa al dipinto. «Si rileva - spiega - che gli storici dell’arte che lo hanno preceduto nello studio del Palma hanno letto la tela in modo non univoco: accanto a sostenitori della paternità palmesca, se ne trovano altri che hanno parlato di “replica”, “ripetizione più tarda”, “copia successiva”».

La discussione resta dunque aperta, ma i dubbi non sono di poco conto: l’idea che la Venere di Colonia possa essere il «grande dipinto con un nudo quasi finito» inventariato alla morte di Palma è ancora tutta da dimostrare.

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