Bruno Genuizzi e Pietro Nodari, l'hockey svizzero ha il cuore... in Val Seriana
Nella storia dell'Ambrì Piotta, gloriosa squadra del Canton Ticino, spiccano due gandinesi: l'uno acclamato campione, l'altro custode della mitica pista che ora va in pensione
di Giambattista Gherardi
C’è un sottile ma robusto filo conduttore che unisce la Val Seriana al Canton Ticino, una bella storia di emigrazione e sport che ruota attorno al bastone ricurvo e al puck (il disco) degli incontri di hockey su ghiaccio. La terra rossocrociata è fra quelle in cui l’hockey è probabilmente l’attività sportiva principale, spesso con un seguito maggiore rispetto al calcio.
Protagonista della nostra storia è, innanzitutto, un acclamato campione dell’Hockey Club Ambrì Piotta, Bruno Genuizzi, classe 1947 nativo di Gandino e arrivato a Quinto (nel distretto ticinese della Leventina) nel 1951 insieme alla famiglia. In quegli anni, la Svizzera accolse molti emigrati bergamaschi: carpentieri, muratori, contadini, operai, gessatori. Il padre di Bruno era un contadino, ma presto andò a lavorare in galleria. Anche Bruno per 44 anni ha lavorato alla Centrale del Ritòm (dal nome del grande lago locale) facendo dell’hockey una passione ai massimi livelli. Ha giocato con la maglia biancoblù (la mitica numero 14, consegnatigli in versione celebrativa nel 2009) dal 1964 al 1983.
La pista Valascia, regno dell'Ambrì Piotta
L'Hockey Club Ambrì Piotta
Bruno Genuizzi
Nelle ultime settimane, il giornale Il Mattino della Domenica ha dedicato a Genuizzi un’intera pagina, raccontandone le gesta da giocatore di hockey fra i più acclamati. Bruno Genuizzi è stato per ben trentadue volte in carriera protagonista (con sei reti all’attivo) del “Derby del Ticino”, la sfida fra Ambrì Piotta e Lugano che in terra elvetica è vissuta al pari di ciò che per noi rappresenta un derby Milan-Inter o addirittura una finale del mondiale di calcio.
L’Ambrì è una piccola leggenda dell’hockey su ghiaccio svizzero, nata nel 1937. Sebbene il club rappresenti due piccole frazioni (Ambrì e Piotta) di un villaggio di montagna di soli mille abitanti (Quinto), esso vanta una grande tradizione sportiva e gode di un seguito popolare molto ampio: «Ogni svizzero ha due squadre per cui tifare - si legge online -, la sua e l’Ambrì». La squadra ticinese vanta 52 anni di storia nella Lega Nazionale A, di cui gli ultimi 32 ininterrotti, con vittorie nella Coppa Svizzera e due volte nelal Continental Cup Europea.
La pista “Valascia” (“valanga” in dialetto locale) su cui disputa le partite arriva a contenere 6500 spettatori. L’impianto verrà a breve dismesso per lasciare il posto a uno più funzionale, ma racchiude la storia, per non dire la vita, di un altro emigrante gandinese: Pietro Nodari di Cirano, oggi 82 anni e pensionato da una ventina d’anni. Pietro ha seguito per tantissimi anni la pista Valascia, curandone la preparazione del fondo ghiacciato per garantire agli atleti allenamenti e partite di altissimo livello. Un impegno non facile, poiché solo in epoca recente l’impianto era stato dotato di copertura. Il “pensionamento” della pista Valascia è stato salutato come un evento epocale. «La Valascia – scrive la società sul suo sito internet - continuerà a vivere in un libro. Dalle prime piste ricavate su campi da tennis al campo Cava, fino alla Valascia, la sua prima tribuna, la copertura».
E poi la genesi che ha portato alla progettazione e costruzione della nuova casa dei biancoblù. Una storia avvincente, ripercorsa non solo con immagini, foto e documenti inediti e originali, ma anche con i racconti di chi ha regalato emozioni sul ghiaccio e ha fatto della Valascia la pista di hockey più cult d’Europa. Addirittura i 50 dischi utilizzati in occasione dell’ultima partita disputata sul ghiaccio della Valascia sono stati messi all’asta.
Dalla prossima stagione, l’Ambrì disputerà i propri incontri su un nuovo impianto tecnologicamente avanzato, ma la “Valascia” continuerà a raccontare l’epopea di un club e la bella storia di emigranti che hanno portato in Svizzera il cuore generoso ed agonistico della terra bergamasca.