Giorni neri del Covid, il procuratore Chiappani: «Gravi omissioni». Ma ci furono reati?
Il capo della procura di Bergamo: «Indagini terminate». Ora va capito se dirigenti, sanitari o politici scelsero di non intervenire pur conoscendo i dati allarmanti
di Wainer Preda
Sono solo tredici righe, ma di quelle che fanno rumore. Le trovi ai fogli siglati 45 e 46, in una relazione che conta 55 pagine, fra una sfilza di altri dati sull’andamento della giustizia in Bergamasca. Il procuratore generale di Bergamo Antonio Chiappani le ha messe al capitolo “Reati di comune pericolo”. Poi le ha lette durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, sabato 28 gennaio, a Brescia.
Le prime recitano così: «Già dalla relazione precedente era stato segnalato il procedimento in ordine al reato di cui all’articolo 452 del codice penale e all’articolo 438 e relativo alla diffusione del virus Sars-Cov2 in città e provincia di Bergamo. Le indagini sono ultimate ed è in corso l’analisi della compendiosa informativa delle Polizia giudiziaria e delle consulenze tecniche».
Parla della spinosissima vicenda del Covid in Bergamasca, Chiappani. Per la quale la Procura ha aperto un’indagine di quelle che fanno tremare i palazzi. Riguarda il periodo più buio di quell’emergenza. Quando, fra il febbraio e il marzo 2020, il virus uccise oltre tremila persone in Bergamasca. Dato ufficiale, perché le stime parlano di seimila morti.
Gli indagati finora sono sei. Gli articoli del codice penale citati dal Procuratore, pesantissimi. Il 438 dice: «Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo». Il 452 precisa che può essere punito «chi diffonde colposamente il virus o ponga in essere delle condotte che, in ragione della probabilità statistica della diffusione del virus, rappresentano un pericolo per la collettività e la salute pubblica».
Ma sono le righe successive della relazione quelle che fanno scalpore: «Le indagini, come noto - continua il capo della Procura bergamasca - per la rilevanza mediatica della vicenda, sono risultate di particolare complessità e delicatezza, avendo comportato tra l’altro anche l’assunzione di informazioni dal presidente del Consiglio dei ministri, da alcuni ministri e da diversi rappresentanti degli enti scientifici più accreditati, avendo questo Ufficio accertato gravi omissioni da parte delle autorità sanitarie nella valutazione dei rischi epidemici e nella gestione della prima fase della pandemia, che proprio a Bergamo nella primavera 2020 ha cagionato oltre tremila vittime».
Gravi omissioni. In italiano: cose non fatte, iniziative non prese, volontariamente o no. Mancati adempimenti. L’obiettivo dei magistrati è capire se persone con responsabilità decisionali - medici, dirigenti sanitari o politici - abbiano scelto di non intervenire pur conoscendo dati allarmanti. E chi, con i dati a disposizione, conosceva la situazione reale.
La perizia effettuata dal microbiologo Andrea Crisanti, chiesta dalla Procura, ha escluso che (...)