Sovraffollamento, droga, morti: anche Gori "denuncia" il carcere di Bergamo
In un articolo per La Stampa, il sindaco fotografa le numerose criticità della casa circondariale di Bergamo «che non è certo fra le peggiori»
di Andrea Rossetti
Lo stato delle carceri italiane - e di conseguenza dei carcerati - è imbarazzante. Eppure, nonostante l’Europa abbia più volte rimproverato e multato il nostro Paese per questo, non se ne parla.
Lo dimostra un recente podcast realizzato da Il Post, intitolato Tredici, in cui si racconta a «peggiore strage nelle carceri italiane del dopoguerra, avvenuta nel marzo 2020»: un caso di una gravità enorme ma per lo più sconosciuto.
Sul nostro giornale e sul sito, nell’ultimo anno, abbiamo denunciato spesso le condizioni pessime in cui versa la casa circondariale di Bergamo. E non per colpa della direzione, ma perché lo Stato - e l’opinione pubblica, va detto - fa finta di non vedere.
Nonostante siano passati più di due secoli da quando Voltaire affermava che «il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri», non sembra esserci stata alcuna evoluzione.
Fortunatamente, negli ultimi tempi, almeno a Bergamo, qualcosa pare si stia muovendo: a fine giugno, il senatore dem Antonio Misiani ha depositato un’interrogazione al Ministero della Giustizia per fare chiarezza sulle «gravi criticità della Casa circondariale di Bergamo»; la scorsa settimana, il sindaco Giorgio Gori ha invece scritto un articolo per La Stampa nel quale descrive la situazione della struttura di via Gleno, «un carcere che non è certo tra i peggiori del nostro Paese».
Proprio in questo articolo, il primo cittadino fotografa con precisione i numerosi problemi della struttura (...)