«Renzi, Gori e il Bocia che mi chiamava Perry Mason»: ritratto inedito di Andrea Pezzotta
Intervista sul personale, ma anche sul politico, per conoscere meglio l’uomo su cui punta il centrodestra per lo scranno più alto di Palazzo Frizzoni
di Wainer Preda
Le campane di Santo Spirito battono le 18.30. Puntuale come un orologio svizzero Andrea Pezzotta, candidato sindaco di Bergamo per il centrodestra, si presenta alla nostra redazione. Distinto, elegante, cortese.
Avvocato, comincia la sua nuova avventura.
«Non è la prima volta che mi chiedono di candidarmi a sindaco. In passato però non ci sono mai state le condizioni. Oggi invece ho un’organizzazione del mio studio professionale che mi consente di farlo».
Bella sfida.
«L’impegno è notevole, ma ci sono momenti in cui si usa anche il cuore. Inizialmente avevo detto di no, perché sembrava che il centrosinistra volesse candidare Giorgio Berta, mio carissimo amico. Poi lui si è ritirato e ho cominciato a pensarci seriamente».
Una missione?
«Ciclicamente, l’impegno verso la collettività ricompare. È un po’ scritto nel dna di famiglia, come sapete».
Caratterialmente come si descrive?
«Ho imparato nella vita a non pensare ai problemi alle tre di notte, quando sembrano insormontabili. Ma aspettare alla mattina, quando il sole rinasce e la realtà cambia. Sono convinto che nella vita serva un po’ di leggerezza, che non significa superficialità».
Quando l’hanno contattata Tentorio e Tremaglia?
«Prima dell’estate. Poi, Tremaglia soprattutto è tornato alla carica».
Lei non è mai stato iscritto a partiti?
«Mai iscritto e non ho intenzione di farlo. Non mi piace avere tessere in generale, preferisco essere libero».
Però con i partiti avrà a che fare.
«Necessariamente. Ma mi piace l’idea di essere rappresentante della coalizione. Di fare sintesi fra partiti diversi che hanno un comun denominatore, ma ogni tanto istanze centrifughe. Mi vedo come una sorta di coordinatore».
È salito sul palco di Fratelli d’Italia, parlando al congresso. Non è stata una mossa azzardata?
«Inizialmente dovevo andarci da candidato, ma poi le cose sono andate lunghe. Mi sembrava scortese declinare l’invito. Arrivato lì, mi hanno chiesto se volevo dire qualcosa. Era l’occasione per mettergli un po’ di fretta. Non essendo un animale politico, non ho pensato che potevano esserci retropensieri da parte degli altri partiti».
Gallone, Ceci e Saffioti faranno comunque parte della sua squadra?
«Gallone credo proprio di sì. So che Ceci non l’ha presa bene».
E Saffioti?
«Con Carlo siamo amici da anni. Le racconto un aneddoto: ricordo a un matrimonio di un’amica comune, quando un burlone in costume lo gettò vestito in piscina. Poteva finire in rissa. Lui invece, imperturbabile, uscì, andò nello spogliatoio, si mise i vestiti di questo e si rituffò in acqua. Geniale. Vorrei coinvolgere sia Carlo sia Ceci nella battaglia. Sabato andrò al congresso di Forza Italia».
Nella sua storia senza tessere, ci sarà stato un politico che riteneva bravo...
«Le dirò una cosa particolare (...)