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Bar dell'oratorio San Paolo gestito direttamente dalla parrocchia? 500 firme contro don Giovanni

Alcuni residenti hanno lanciato una petizione per chiedere che il locale resti ai due papà che lo hanno reso un punto di riferimento

Bar dell'oratorio San Paolo gestito direttamente dalla parrocchia? 500 firme contro don Giovanni
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Il bar dell'oratorio San Paolo è un posto per tutti, frequentato nel tempo libero da bambini, ragazzi, anziani e famiglie, capace di offrire alla comunità servizi fondamentali. Eppure, questa realtà rischia di scomparire.

Questa è la preoccupazione di molti residenti della zona che, dopo l'annuncio del parroco di voler cambiare la modalità di gestione dello spazio, si sono mobilitati scrivendo una lettera, sottoscritta da quasi cinquecento persone.

Il modello di gestione

Il problema è nato quando l'attuale parroco, don Giovanni Coffetti, subentrato due anni fa a don Alessandro Locatelli, non si è trovato in linea con la tipologia di gestione del bar. In genere, questi servizi all'interno degli oratori vengono affidati a volontari, ma in questo caso è stata invece creata un'impresa privata (che paga l'affitto, riconosce una percentuale sugli incassi e salda le bollette delle varie utenze) gestita da Simone Paganoni (ex consigliere di lungo corso a Palafrizzoni) e Marco Carissimi.

Come funzionerebbe ora

Il parroco vorrebbe invece che la struttura tornasse in capo dell'oratorio e in mano a volontari come avviene in gran parte delle altre strutture. Nel bollettino parrocchiale, come riportato dal Corriere Bergamo, aveva scritto «la parrocchia tornerà a gestire direttamente il bar, cambiando il management. Se prima ai gestori erano demandate tutte le decisioni, queste saranno decise dalla parrocchia. Ovviamente tutti i servizi saranno garantiti (stessi orari e stesse possibilità di fermarsi a mangiare). I proventi resteranno tutti alla parrocchia e serviranno per coprire il servizio dei baristi, quarantamila euro l'anno su due persone più una percentuale sugli incassi. Gli attuali gestori, Simone e Marco, resteranno come lavoratori a partita iva da lunedì e venerdì».

L'attuale gestione si è però in realtà dimostrata capace di rispondere alle esigenze della comunità parrocchiale e di tutto il quartiere, fornendo anche servizi fondamentali come quello della mensa. Nella petizione, i cittadini che si sono uniti per chiedere al parroco di «confermare l'attuale modello di gestione in essere».

Il testo della petizione

In particolare, nella petizione si legge: «Noi cittadini di San Paolo siamo preoccupati per la decisione del sig. Parroco, di cambiare il modello gestionale del Bar San Paolo con la concreta prospettiva di perdere tutte le attività al servizio della Comunità organizzate in questi lunghi dieci anni: mensa per i ragazzi delle scuole; luogo di aggregazione per gli anziani; luogo di aggregazione per persone con fragilità; luogo di organizzazione di molte attività sociali, ludico/ricreative e di prevenzione sanitaria».

I ringraziamenti

In risposta a questa petizione i due cittadini che gestiscono il bar hanno scritto. «Nel ringraziare di cuore i genitori da cui è partito questo straordinario gesto di affetto e, in particolare, tutte le oltre 200 persone che, in meno di 48 ore sono già venute a firmare. Vi invitiamo, se volete, a passare dal bar e lasciare la vostra firma.

Commenti
Bruna

Aggiungo al mio commento: se la gestione dei volontari che c'era in precedenza fosse andata così bene, si sarebbe mantenuta tale. Se si e arrivati ad una gestione "semiprivata" è perché in mano ai volontari non funzionava, per vari aspetti. La presenza non assicurata, con tanti a mettere le mani ovunque, per esempio.

Pablo

Penso che se una cosa funziona,subito ci si vuole mettere le mani addosso, i volontari nei bar quasi sempre non all'altezza del compito,baristi non ci si inventa.

carmen spreafico

Spero che non si trovino volontari.dopo anni che si è riusciti a tenere aggregati giovani e non, arriva un don che si prende la pappa pronta. E no.

Cattaneo Alessandra

Una decisione così andrebbe sottoposta alla gente del quartiere. Un parroco può essere trasferito e quindi decisioni che si riflettono sulle persone che abitano lì andrebbero sottoposte e prese dalla gente che il quartiere lo vive

Mino

L'oratorio è un bene di tutta la comunità cristiana, il cui stile di conduzione si fonda sul primato evangelico del servizio gratuito, coinvolgendo il più possibile dei generosi volontari adulti che collaborano per la crescita educativa dei ragazzi, dei giovani e delle famiglie. L'oratorio è casa che accoglie, cortile per crescere nell'amicizia, parrocchia che evangelizza e scuola che avvia alla vita. Non è un'ambiente da gestirsi con criteri aziendali il cui profitto è consegnato a due persone, bensì, qualora vi fosse questo ipotetico profitto economico (in genere poca roba, perché le strutture costano) va a beneficio di un'intera comunità cristiana chiamata ad investire per il bene formativo ed educativo della gioventù. Infine credo che l'oratorio non può essere l'unica risposta sul territorio a tutti i bisogni sociali di una comunità civile. L'oratorio non può permettersi di perdere la sua identità, che è quella di essere prevalentemente spazio per crescere nella fede cristiana. L'oratorio è l'anima di una parrocchia. Piena solidarietà al parroco.

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