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Commissione Covid a Roma, scoppia la polemica dopo l’audizione dell’ex procuratore di Bergamo Chiappani

Il magistrato è stato contestato da alcuni esponenti di Pd e M5S dopo aver parlato delle «gravi omissioni» nella gestione della pandemia

Commissione Covid a Roma, scoppia la polemica dopo l’audizione dell’ex procuratore di Bergamo Chiappani

Si è conclusa in una bagarre politica l’audizione di martedì 11 novembre davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia da Covid dell’ex procuratore di Bergamo Antonio Chiappani, chiamato a riferire sul lavoro svolto dalla Procura di Piazza Dante quando, nella primavera del 2020, Bergamo e provincia registravano il più alto numero di vittime al mondo.

Dopo un’esposizione chiara e dettagliata sui fatti e sugli elementi che portarono all’indagine su 21 persone per la gestione della pandemia, Chiappani è stato contestato da due commissari dell’opposizione (Pd e M5S) che hanno tentato di delegittimare il suo lavoro richiamando stralci della sentenza del Tribunale dei Ministri di Brescia, quella che aveva archiviato le posizioni di alcuni politici e membri del Cts.

La reazione dei familiari delle vittime

Una contestazione che non è andata giù ai familiari delle vittime del Covid dell’Associazione #Sereniesempreuniti, che da anni porta avanti una battaglia di memoria e giustizia e che ha diffuso un comunicato di solidarietà all’ex procuratore: «Durante la seduta, il dott. Chiappani è stato contestato da due commissari dell’opposizione – riporta Valseriananews –. Un attacco personale e professionale che riteniamo grave, inopportuno e irrispettoso, soprattutto nei confronti delle vittime e delle loro famiglie».

L’associazione, assistita dagli avvocati Consuelo Locati, Alessandro Pedone, Giovanni Benedetto, Piero Pasini e Luca Berni, ricorda che proprio in relazione al procedimento archiviato pende un ricorso dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per la violazione del diritto delle persone offese a partecipare al processo.

«Le dichiarazioni dei commissari dell’opposizione – sottolinea l’avvocata Locati – dimostrano che l’unico strumento rimasto a chi non accetta la verità dei fatti è tentare di screditare chi ha cercato la giustizia. Ma questa inchiesta è stata ed è basata solo su fatti e documenti, non su opinioni politiche. Quello accaduto ieri è un’interferenza del potere governato rispetto a quello giudizio, e ciò non è accettabile».

L’inchiesta e le «gravi omissioni»

Nel suo intervento davanti alla Commissione, Chiappani ha illustrato i profili giuridici che consentono di configurare il reato di epidemia colposa in forma omissiva, riconosciuto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza del 10 aprile 2025.

L’ex Procuratore di Bergamo – figura di comprovata esperienza, già componente della Direzione Distrettuale Antimafia e impegnato per anni su temi di terrorismo e diritto penale dell’economia – aveva parlato già all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2023 di «gravi omissioni da parte delle autorità sanitarie nella valutazione dei rischi epidemici e nella gestione della prima fase della pandemia».

In passato Chiappani aveva sottolineato che l’inchiesta aveva «accertato gravi omissioni da parte delle autorità sanitarie nella valutazione dei rischi epidemici e nella gestione della prima fase della pandemia, che proprio a Bergamo nella primavera 2020 ha cagionato oltre tremila vittime».

Una lunga battaglia giudiziaria

L’inchiesta della Procura di Bergamo, coordinata dalla pm Maria Cristina Rota, si era articolata su tre filoni principali: la mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana (che secondo la consulenza del microbiologo Andrea Crisanti avrebbe evitato oltre quattromila vittime), il mancato aggiornamento e la mancata applicazione del piano pandemico nazionale e regionale (fermo al 2006), e quanto avvenuto il 23 febbraio 2020 all’ospedale di Alzano Lombardo.

L’indagine si concluse il 1° marzo 2023 con la notifica degli avvisi conclusivi a 22 indagati, tra cui l’allora premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, l’ex assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, Franco Locatelli, Silvio Brusaferro e diversi dirigenti sanitari locali.

Tuttavia, tutti i filoni dell’inchiesta sono stati archiviati. Nel luglio 2023 il Tribunale dei Ministri di Brescia archiviò le posizioni dei principali indagati politici, stabilendo che non era configurabile il reato di epidemia colposa per condotte omissive. Una decisione che portò lo stesso Chiappani a dichiarare che «l’archiviazione non è un alibi per non fare niente».

Anche l’ultimo filone bergamasco, quello relativo all’ospedale di Alzano, è stato archiviato il 4 dicembre 2024. La Procura ha spiegato di non poter fare altro per «colpa» della riforma Cartabia, che impone una prognosi sull’esito di un eventuale processo: alla luce dell’archiviazione dei primi filoni, «non appare ragionevolmente prevedibile la condanna degli indagati», ha scritto la procuratrice aggiunto Rota.

«La nostra battaglia continua»

Nonostante le archiviazioni, i familiari delle vittime non si arrendono. Come già dichiarato dopo l’ultima archiviazione: «Che non paghino i pesci piccoli è condivisibile, ma che non paghi nessuno è inaccettabile. Non avere la possibilità di capire in sede dibattimentale chi dovesse fare cosa è grave e lede, ancora una volta, la memoria dei nostri cari».

L’associazione ribadisce la propria fiducia nella Commissione parlamentare d’inchiesta, che – per la prima volta nella storia italiana – sta portando alla luce elementi concreti e fondamentali per comprendere cosa non ha funzionato nella gestione dell’emergenza. Numerose personalità di rilievo, come il Premio Nobel Giorgio Parisi, il prof. Silvio Garattini e lo stesso dott. Chiappani, hanno confermato che l’Italia non era pronta ad affrontare la pandemia: dal 5 gennaio 2020, giorno del primo allarme Oms, non fu fatto nulla.

«Nessun attacco, nessuna manipolazione potrà cancellare la realtà dei fatti – concludono dall’Associazione -. La nostra battaglia per la verità continua, nel nome dei nostri cari e per il futuro di tutti».