28 persone arrestate (25 in carcere e 3 ai domiciliari) e oltre 3,5 tonnellate di cocaina importate, di cui 400 chili in Italia e all’estero. È il risultato dell’indagine che ha toccato anche la provincia di Bergamo e ha colpito un gruppo legato allo storico clan Barbaro della ’ndrangheta, attivo da anni nella Locride.
Qui la base operativa
La base operativa, raccontano gli investigatori, era ben piantata in Lombardia: da qui partivano accordi, contatti, trattative e soprattutto gli ordini verso i fornitori di coca in Sudamerica. La rete però andava oltre ai confini italiani: si estendeva in Germania, Paesi Bassi, Spagna, Regno Unito e ovviamente in Colombia e Brasile, dove si agganciavano i gruppi che la cocaina la producono e la spediscono via mare.
Come riporta oggi (martedì 25 novembre) L’Eco di Bergamo, a fare da ponte, broker albanesi considerati «di caratura internazionale», come li definisce la Dda, già noti per la loro abilità a muoversi tra le grandi piazze della droga.
Le spedizioni nei container
Il sistema utilizzato per far arrivare i carichi era quello del cosiddetto “rip-off”. In pratica, la cocaina veniva nascosta nei container destinati a normali spedizioni commerciali. Le navi attraccavano poi nei porti di Livorno, Rotterdam, Gioia Tauro e Le Havre. Un sistema semplice, ma molto redditizio: le sole spedizioni ricostruite dagli inquirenti avrebbero fruttato oltre 27 milioni di euro.
Tanti gli indagati
L’ordinanza eseguita dalla Guardia di finanza è pesante: i 28 indagati avrebbero promosso, diretto, finanziato, organizzato e realizzato traffici internazionali di droga. Secondo la Dda di Milano, il gruppo era guidato da esponenti della famiglia Barbaro di Platì, uno dei nomi storici della ’ndrangheta. Con loro collaboravano criminali albanesi e diversi intermediari sparsi in tutta Europa.
Il blitz ha coinvolto molte province italiane: Milano, Pavia, Parma, Como, Imperia, Roma, Taranto, Reggio Calabria… e anche Bergamo.
Collaborazione internazionale
Uno dei passaggi fondamentali dell’inchiesta è stato il recupero della messaggistica criptata che gli indagati usavano per comunicare. Grazie alla collaborazione con Eurojust ed Europol e ai numerosi ordini europei di indagine, gli investigatori sono riusciti a identificare i vari ruoli all’interno dell’organizzazione.
Il cambista cinese
Tra gli arrestati c’è anche un cittadino cinese accusato di riciclaggio. Secondo gli inquirenti, «nella sua qualità di cambista» avrebbe permesso di pagare le partite di droga usando un sistema informale di trasferimento di denaro chiamato “fei eh ’ien”. Un metodo rapido, tradizionale e soprattutto difficilissimo da tracciare.
Un quadro impressionante
Il lavoro della Dda e del Gico (Gruppi d’investigazione sulla criminalità organizzata) della Guardia di finanza ha messo in fila mesi di spedizioni, accordi e pagamenti nascosti. Ne è uscito un quadro impressionante: un vero cartello internazionale con sede in Lombardia, capace di trattare con gruppi in tre continenti. «Una triangolazione di accordi tra esponenti della criminalità organizzata calabrese, lombarda e campana volta a favorire l’importazione dal Sud America di grandi quantitativi di stupefacente».