Lino in Val Gandino

Sacra Sindone, ecco la copia certificata prodotta in Bergamasca: la prima negli studi di Rai Uno

Ieri sera (1 aprile), a "Porta a Porta", l'anteprima assoluta. Il progetto, partito dalla Bergamasca con un campo di lino coltivato ad hoc, ha coinvolto le eccellenze tessili del nostro territorio

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Nella primavera dello scorso anno, nel pieno della pandemia che ha portato in Val Seriana lutti e sofferenza, la Val Gandino ha gettato i semi (in senso strettamente letterale) di un progetto che trova compimento in questa Settimana Santa. Il progetto “Lino Val Gandino” unisce fede, devozione e tradizione ed è destinato a portare nel mondo un messaggio di speranza ma anche l’eccellenza tessile della Bergamasca. A partire dall’aprile 2020 è cresciuto a Gandino un campo coltivato a lino, utile a produrre fibre prima e tessuto poi per creare copie certificate in scala 1:1 della Sacra Sindone.

Un’iniziativa che ha avuto riconoscimento e supporto dal Museo della Sindone di Torino e dal Centro Internazionale di Studi sulla Sindone (CISS), unico centro al mondo ad essere ufficialmente riconosciuto dal Custode Pontificio della Sindone. La sera del Giovedì Santo la prima copia “made in Berghem” del Sacro lino è stata presentata ieri sera (1 aprile) su Rai Uno, negli studi di Porta a Porta.

Il progetto “Lino Val Gandino” ha come capofila il Comune di Peia, affiancato dal Comune di Gandino (il vicesindaco Filippo Servalli ha coordinato le attività) e dal Distretto de “Le Cinque terre della Val Gandino” ed è stato realizzato grazie agli agricoltori della Comunità del Mais Spinato e all’eccellenza di grandi realtà bergamasche come Linificio Canapificio Nazionale (filatura), Torri Lana 1885 (tessitura) ed Efi Reggiani (stampa a pigmento). Sullo sfondo c’è un’antica tradizione (il lino in Val Gandino ha incrociato da secoli le vie dell’industria locale), ma anche un luogo della storia: la Pozza del Lino, in comune di Peia, dove si incontravano coltivatori e mercanti lungo la Via della Lana, al centro di un progetto di recupero grazie a Gal Valle Seriana e Laghi ed Uniacque.

Giorgio Rondi nel campo coltivato a Gandino

Il lino è stato raccolto il 5 agosto 2020 e successivamente lavorato dal Linificio (attivo dal 1873 e oggi parte del gruppo Marzotto) che si è avvalso anche della collaborazione di Terre de Lin, in Normandia, per la separazione della fibra dal canapulo e la pettinatura con confezione in nastro. «Ci siamo prefissati - spiega Giorgio Rondi, tecnico del Linificio - di realizzare un filato il più sostenibile possibile unendo tradizione e innovazione. Si è seminato e coltivato in modo antico, senza operazioni meccaniche o trattamenti fitosanitari) e filato su macchine tecnologicamente avanzate, ma nel modo più tradizionale possibile».

A novembre 2020, il filato è stato preso in carico da Torri Lana 1885, che ha avviato la tessitura nella propria storica sede produttiva, sita nel fondovalle fra Gandino e Peia, all’imbocco della Via della Lana. Trama ed ordito hanno dato vita ad un’armatura a lisca di pesce, con un peso di 230 grammi al metro quadro, praticamente identico a quello dell’originale.

La tessitura presso Torri Lana 1885

Il Centro Internazionale di Studi sulla Sindone, ha sovrinteso, nelle ultime settimane, alle fasi di stampa realizzate presso la EFI Reggiani di Grassobbio, fra le massime realtà mondiali per la stampa tessile analogica e digitale. La stampa dei teli in scala 1:1 (mt. 4,41 x 1,13 le misure della Sindone) prevede l’utilizzo di un file ad altissima risoluzione, che necessita della memoria di un intero PC per essere gestito. Per le riproduzioni della Sindone è stato scelto il processo a pigmento, che garantisce estrema accuratezza nei dettagli e nelle sfumature, con incredibili prestazioni di durata nel tempo dei colori. Per ottenere un risultato ottimale si è partiti dalla campionatura del volto in sei diverse varianti. Il processo a pigmento elimina la necessità di vaporizzo, lavaggio e post trattamento del tessuto e consente di ridurre sensibilmente i consumi di acqua, energia e prodotti chimici.

Stampa a pigmento presso EFI Reggiani

La Sindone è il tessuto più studiato al mondo, almeno dal 1898, con la celeberrima fotografia scattata da Secondo Pia, che notò nel negativo l’immagine impressa nel Sacro Lino. È un lenzuolo molto antico, che ha sicuramente avvolto un cadavere con una serie di ferite che nessuno può non collegare al racconto evangelico della crocifissione di Gesù di Nazareth. Le probabilità che si tratti di lui sono ragionevolmente alte. La Sindone era di proprietà dei Savoia, che la portarono in Piemonte, nel 1576, da Chambery. Una scelta di cui fu “complice” il pellegrinaggio votivo voluto da San Carlo Borromeo dopo l’epidemia di peste che aveva colpito Milano, Bergamo e Brescia. È tuttora conservata nel Duomo di Torino, lasciata in eredità da Umberto II di Savoia al Papa, con l’obbligo di tenerla nel capoluogo piemontese.

Quest’ultimo elemento, così come le ragguardevoli dimensioni rende quasi una necessità la creazione delle repliche autenticate. La Sindone è un’immagine riconosciuta dai cattolici, dagli ortodossi e anche dal mondo musulmano. Le ostensioni a Torino sono poche, poiché il lino tende ad ingiallire se esposto per troppo tempo alla luce. La possibilità di fare copie certificate su un supporto adeguato permette di soddisfare le aspirazioni di tanti fedeli. Le copie della Sindone diventeranno strumento di promozione anche attraverso l’apposizione di un QR Code digitale che rimanderà al sito specifico linovalgandino.com, realizzato grazie a Giulia Brignoli e Diego Percassi. Fra le prime destinazioni delle copie va segnalata quella relativa al Museo della Bibbia di Washington (Stati Uniti), dove un’apposita sezione dedicata alla Sindone verrà inaugurata nella primavera 2022.

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