Quel giro di campo di de Roon e un legame unico con tutti noi

Quel giro di campo di de Roon e un legame unico con tutti noi
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Ci sono dentro un sacco di cose in quel giro di campo alla fine di Atalanta-Torino di Marten de Roon. Non solo la gioia per il successo, non solo la voglia di salutare la gente, non l’adrenalina da scaricare correndo e saltando per il tappeto verde. Molto, molto di più. Domenica 22 aprile 2018 potrebbe anche essere nato qualcosa di magico e incredibile. Secondo tanti osservatori quel gesto vale il titolo di "capitan futuro" e i tifosi sono d’accordo: l’olandese volante è al centro del Mondo Atalanta.

 

 

Cosa è successo al fischio finale. Per chi se lo fosse perso, riavvolgiamo un attimo il nastro. Al fischio finale di Atalanta-Torino, nel momento della festa del popolo orobico, tutto il gruppo ha fatto il solito saluto con rincorsa e mani al cielo verso la Pisani. Subito dopo, qualcuno è andato a lanciare la maglia e altri hanno imboccato il tunnel dello spogliatoio. Lui, Marten de Roon, ha fatto esattamente il percorso inverso e si è diretto sotto la Morosini. Con il sole in faccia e un sorriso grande così. Per chi segue le partite allo stadio, il saluto del centrocampista olandese a tutti i tifosi presenti, settore per settore, è abbastanza abituale, ma stavolta è successo qualcosa di diverso. De Roon ha iniziato a caricare la gente e ad esultare senza alcun freno. Un paio di salti per la Morosini, altrettanti per la Ubi e poi stessa sorte anche sotto la Nord un attimo prima delle interviste con le tv. Tutto questo, mentre i tifosi cantavano il suo nome sulle note di Ufo Robot.

 

 

L’importanza di un gesto semplice e sentito. Marten de Roon non è uno che fa le cose tanto per farle. Nella recente intervista che abbiamo fatto con lui si capisce quanto l'olandese conti dentro lo spogliatoio e quanto tenga alla maglia che indossa, ma quello che non si può leggere scorrendo le parole sul giornale o davanti al monitor sono l’enfasi, il trasporto e l’emozione che l’olandese ci mette mentre risponde. Marten, in quel giro di campo, ha messo qualcosa che potevamo solo immaginare o ipotizzare prima e che invece ora è chiaro e limpido come acqua di sorgente. Durante un’intervista di due anni fa, lo stesso giocatore nicchiava sulla possibilità di diventare capitano. «Bisogna conoscere benissimo la lingua», diceva. Oggi Marten e la moglie Ricarda sono talmente ben integrati a Bergamo e lui conosce talmente bene l’italiano che anche quell’ostacolo sembra superato. La fascia di capitano dell’Atalanta è stata su braccia importanti in passato; Gomez è un leader tecnico e morale del gruppo e le sue qualità non si discutono (men che meno la fascia di capitano), ma i bergamaschi, in uno come de Roon, vedono la propria indole di innamorati folli e sanno che un domani sarà pronto a prendersi questa responsabilità. Non si può spiegare in modo chiaro, chi tifa Dea ha capito perfettamente di cosa parliamo.

 

 

Moto perpetuo, rigorista e leader vero. Ad inizio stagione, visti i soldi sborsati per il suo cartellino (13 milioni di euro più bonus), qualcuno si è innervosito per prestazioni lontane dagli standard attesi. Siccome il calcio delle figurine è una cosa (e lì son tutti fenomeni) ma quello di campo è un’altra (e noi, il fenomeno, lo abbiamo in panchina), ecco che il tempo ha pian piano restituito al pubblico orobico un centrocampista che in stagione ha giocato 42 partite ufficiali su 46, segnano pure 3 gol. Nelle ultime giornate è stato promosso a primo rigorista (bene a Ferrara, sfortunato a Benevento), ma quello che in campo vedono tutti è solo una piccola parte della grandezza di Marten de Roon nell’Atalanta. Punto di riferimento per gli stranieri (parla perfettamente inglese) e uomo cardine del gruppo, l’olandese ha pian piano scalato le gerarchie dello spogliatoio, meritandosi il titolo di leader del gruppo. Non è uno da 10 gol a stagione, non mette in mostra muscoli da adone e dribbling funambolici, eppure la gente gli vuole un bene enorme e lui ogni volta esce dal campo con la maglia fradicia.

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