Lavori al Gewiss Stadium: Morosini avanti senza intoppi, museo pronto nel 2025
L'impianto di viale Giulio Cesare viaggia spedito verso una riqualificazione che dovrebbe essere presa a esempio da tutte le squadre di A
di Fabio Gennari
Nei giorni in cui si parla molto delle difficoltà della Fiorentina in merito alla ristrutturazione del Franchi (la semifinale di Coppa Italia del 3 aprile potrebbe essere l'ultima volta dell'Atalanta in quello stadio come lo vediamo oggi), dal mondo Atalanta arriva un'altra bella conferma firmata Luca Percassi: la costruzione della nuova Morosini procede a gonfie vele, il cantiere che ogni partita interna vediamo progredire sarà chiuso a fine stagione e da settembre la Dea avrà il suo impianto, di proprietà, da 25 mila posti e riqualificato.
Gli ultimi dettagli che sono stati svelati al Corriere della Sera confermano un'altra certezza: al secondo piano della Morosini troverà posto il nuovo museo dell'Atalanta e sarà uno spettacolare viaggio nei momenti più belli della storia orobica che si estenderà su circa 500 metri quadrati di spazio.
Certo, di coppe da mostrare (a oggi) ce n'è soltanto una, ma l'obiettivo della società orobica è quello di mettere in mostra una serie di cimeli che hanno segnato la storia (anche recente) dell'Atalanta. In Italia e in Europa.
La conferma del museo è importante perché segna sul calendario un'altra data da circoletto rosso. A settembre 2024 sarà pronto lo stadio con i quattro settori rinnovati, 25 mila posti a sedere di cui 18 mila nelle due curve (settore ospiti da 1.500 posti compreso), per quello che così diventerà lo stadio più "popolare" d'Italia. Per il museo l'appuntamento è invece fissato alla primavera del 2025, un progetto cui i Percassi tengono molto e che vedrà la luce nei mesi successivi alla fine dei lavori.
I tetti delle due tribune, dall'alto, hanno un colore diverso dalla curva/e. Lo stadio dall'alto risulta quindi difforme, e francamente brutto Alla fine dei lavori è previsto che assumano un colore uniforme? Sarebbe peccato lasciarle così sacrificando l'immagine di un lavoro ben fatto