Case di Comunità: a Bergamo dodici sono operative, ma nessuno sa a cosa servano
Annunciate come una svolta, i cittadini non hanno ancora capito a cosa servano. In Bergamasca ne sono previste 20, ma c'è il rischio di tagli dal Governo
di Wainer Preda
La signora bionda arriva di gran carriera. Imbocca la strettoia d’ingresso come avesse fretta. Le domando: «Buongiorno, sta andando alla Casa di Comunità?». Lei mi guarda stranita: «No, no, io con la droga non c’entro niente».
L’episodio - surreale, visto che il cartello bianco e verde con “Casa di Comunità” campeggia, in bella mostra a un metro da noi, sul muro della sede di Borgo Palazzo -, la dice lunga su come le gente comune abbia percepito la riforma sanitaria.
Quella strombazzata come rivoluzione ma di cui, in realtà, sembrano aver capito davvero in pochi. Prova provata: abbiamo chiesto a cinque persone, fuori dalla stessa sede, se sapessero cosa fosse la Casa di Comunità. Quattro sono cadute dal pero. La quinta ha risposto «l’Asl».
Sì perché fra sigle incomprensibili, nomi improbabili, servizi sanitari “diffusi” qua e là e procedure che sembrano rispondere più alla burocrazia che alle esigenze dei malati, i cittadini non si raccapezzano più.
Rivoluzione incompresa
E ti credo. Cdc, hub, spoke, mmg, pls, Cot, Pua, Ifec, case management. Un profluvio di acronimi e inglesismi che hanno un unico effetto: confondere persone che di tutto hanno bisogno tranne che di diventare funzionari sanitari. Perché capirete: vada alla CdC, passi dal Pua e si faccia assistere dall’Ifec, qualche inquietudine, nel cittadino medio, la crea.
Già la brochure di presentazione delle Case di Comunità, mesi fa, non prometteva granché bene, zeppa com’era di termini astrusi: punto unico di riferimento della tua salute (debiti scongiuri), accesso integrato (che vuol dire?), percorso di cure personalizzato (ma va?), presa in carico (siamo alla pesa), valutazione a 360° (un angolo giro). Eccessi del marketing.
Pare evidente, però, che i bergamaschi non abbiano ancora capito di cosa si tratti. Lasciamo stare la definizione della Regione: «Le Case di Comunità sono nuove strutture sociosanitarie che entreranno a fare parte del Servizio Sanitario Regionale e sono previste dalla legge di potenziamento per la presa in carico di pazienti affetti da patologie croniche».
In realtà si tratta di “centri sanitari” intermedi, fra il medico di base e gli ospedali. In queste strutture, ci sono, o dovrebbero esserci (...)