La testimonianza

Parte male la centrale Unica, nuovo volto della guardia medica: «Impossibile gestire tutte le chiamate»

Chiamate in attesa per ore, 5 postazioni disponibili invece di 13. Il grido dall'allarme di un medico: «Molti sono fuggiti da questo scenario, altri si dimetteranno»

Parte male la centrale Unica, nuovo volto della guardia medica: «Impossibile gestire tutte le chiamate»
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La si era presentata a inizio mese, doveva essere un aiuto per i pazienti rimasti senza medico di base o con necessità fuori orario ambulatoriale. Ma com'è andato, lo scorso sabato 6 luglio, il giorno d'esordio di questa centrale Unica, ovvero la continuità assistenziale che ha sostituito l'ex guardia medica? A giudicare dalla testimonianza di uno dei dottori che si è prestato a lavorarci, decisamente non bene.

Un esordio in affanno e sotto organico

«Ieri (sabato 6 luglio per chi legge, ndr) è stata una giornata estenuante per noi medici in centrale Unica, dettata da una enorme richiesta da parte dei cittadini di una consulenza medica a fronte di un esiguo numero di medici sia presso la centrale (sei) sia in periferia con cinque postazioni aperte a fronte delle tredici previste da questa "rivoluzione". Questa centrale è la tomba di ogni medico! I pazienti diventano delle schede che devi gestire in pochissimi minuti, dopo ore di attesa della fatidica consulenza».

Insomma, a gestire la situazione non c'era sufficiente personale e a disposizione c'erano sei postazioni in meno in periferia rispetto a quelle che dovevano esserci all'inizio, almeno secondo i piani. Del resto, che un'ondata di gente rimasta senza medico si sarebbe riversata su questo nuovo servizio, con considerevoli possibilità di mandarlo in tilt, era abbastanza prevedibile.

«Devi fargli capire - ha continuato il professionista - che non siamo medici che possono andare a visitarli come si deve, rasserenarli con una carezza o consolarli per un problema di salute come si faceva una volta: direttamente a casa loro. Bisogna spiegargli che dobbiamo fare una videochiamata per capire il loro problema, dobbiamo dirgli che nessun medico potrà assisterli a casa, perché i pochi presenti in periferia erano vittima di una ondata anomala di pazienti».

Il risultato è che molti hanno dovuto percorrere lunghissime distanze per raggiungere l'ambulatorio più vicino, mentre altri sono stati mandati nel Bresciano per contiguità territoriale, per evitargli ore di strada. Alcuni, infine, sono stati rimandati in Pronto soccorso perché non potevano essere visitati in tempi brevi, altri sono stati rinviati al proprio medico curante il lunedì successivo.

Chiamate in attesa per ore

«Dal nostro punto di vista, possiamo dirci che il primo giorno bisogna capire come far funzionare gli applicativi e tutti i problemi tecnici che ne derivano da una prima volta, ma ad ogni modo il ritmo forsennato si acquisisce rapidamente, per forza di cose. Nonostante la rapidità nel chiudere le schede come se fossero dei numeri e non dei pazienti, ciò non ha permesso comunque di sormontare un'ondata che ti travolge, uno tsunami... e non per qualche ora… per tutto il giorno, per dodici ore filate filate, lasciando ai colleghi notturni, che montano alle ore 20, chiamate in attesa dalle 18».

Alla fine, sembra che il discorso sia abbastanza chiaro: se qualcuno non lo aveva già capito, nel pubblico non ci sono più abbastanza medici e nemmeno l'espediente della centrale Unica ha potuto arginare, almeno al suo esordio, questo problema. Inoltre, a giudizio di chi ci capisce, con l'arrivo della stagione fredda il tutto non potrà che peggiorare, dato che arriveranno i malanni di stagione e il carico di pazienti aumenterà.

«Purtroppo mancano i medici, e fronteggiare lo tsunami che ci siamo beccati noi sei, chiudendo schede come dei treni in corsa, è stato estenuante e disumano. Le cose in inverno peggioreranno per l'andamento stagionale dei virus influenzali - ha concluso il dottore -. Molti medici sono fuggiti da questo scenario già immaginato, altri probabilmente daranno dimissioni nell'immediato. Non abbiamo l'organico idoneo a fronteggiare questo sistema, spero che le cure primarie comprendano questa immensa lacuna e che ritornino sui loro passi, quando le cose non andavano benissimo, ma non così malissimo».

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Eugenio

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