Al Papa Giovanni

I video e le foto dell'incredibile storia di Mario, il bimbo a cui il padre ha donato un polmone

L'intervento, mai realizzato prima, è stato eseguito il 17 gennaio. Il 21 febbraio le dimissioni del piccolo, che sta benissimo, così come il padre

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È una storia di scienza, medicina, umanità ed emozione. Perché quando i medici riescono a salvare la vita di un bambino, dentro ti prende un magone che ti fa gli occhi lucidi e la logica difficilmente può spiegare. E un po' di orgoglio, per l'ospedale e i medici che hanno compiuto un miracolo di professionalità, ti viene.

L'ospedale è il Papa Giovanni. L'equipe medica, quella interdisciplinare che ha compiuto un intervento storico, mai eseguito prima in Italia, quello avvenuto lo scorso 17 gennaio all'ospedale Papa Giovanni di Bergamo. Anduel, 34enne albanese, ha donato il proprio polmone al figlio di 5 anni Mario (nome di fantasia ispirato al personaggio dei videogiochi Super Mario Bros., di cui il piccolo è appassionato).

È stato, come detto, il primo trapianto di polmone da donatore vivente mai eseguito nel nostro Paese, tanto che la notizia ha fatto il giro d'Italia. E oggi, lunedì 27 febbraio, all'ospedale cittadino si è tenuta una conferenza stampa per raccontare passo passo quanto avvenuto. Davanti, i giornalisti, per una volta ammutoliti, perché di fronte a una vicenda così non puoi che ascoltare.

I primi problemi nel 2019

Innanzitutto, il lieto fine. Anduel, ma soprattutto Mario, stanno bene. Le dimissioni del piccolo sono avvenute il 21 febbraio, con la mamma Ornèla (35 anni) che è andata a prenderlo al Papa Giovanni. E nello scorso fine settimana il piccolo e il papà sono usciti per la prima volta insieme per una passeggiata.

Piccoli segni di agognata normalità dopo un calvario durato anni. La famiglia è arrivata in Italia nel 2018 e l'anno successivo Mario ha iniziato a dare segni di malessere. All'ospedale Meyer di Firenze arriva la diagnosi: talassemia o anemia mediterranea, una patologia del sangue.

Dopo due anni di trasfusioni di sangue periodiche, nel 2021 si rende necessario un trapianto di midollo. Nonostante la buona riuscita del trapianto, proprio questa donazione del midollo dal padre, con conseguente “trasferimento” del sistema immunitario del genitore sul figlio, genera la cosiddetta malattia da trapianto contro l’ospite, una grave complicanza che si osserva nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico.

Si tratta di una complessa reazione immunitaria, dove le cellule trapiantate provenienti dal donatore “attaccano” gli organi e i tessuti del ricevente, che il nuovo sistema immunitario non riesce a riconoscere come propri. Questa malattia, cui si somma l’effetto dei farmaci utilizzati per il trapianto, danneggia i polmoni in modo irreversibile. Subentra così la necessità di un trapianto di polmoni. E nell’autunno del 2022 gli specialisti dell’ospedale Meyer contattano il Papa Giovanni per valutare ed eventualmente inserire il bambino in lista.

La decisione: un trapianto mai fatto prima

Papà Anduel abbraccia il figlio Mario. FOTO tre settimane dopo il trapianto
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Anduel e il figlio Mario

Mario il giorno delle dimissioni dall'ospedale Papa Giovanni XXIII con mamma Ornela e due infermiere della Pediatria
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Mario e i saluti con le infermiere

Mario con mamma Ornela escono dall'ospedale Papa Giovanni XXIII un mese dopo il trapianto
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Mario con la mamma Ornela

L'1 dicembre dello scorso anno, Mario e la sua famiglia arrivano a Bergamo, accolti dal reparto di Pediatria diretto dal dottor Lorenzo D’Antiga. Il bambino si presenta in buone condizioni, ma ha bisogno continuativo di ossigeno ad alti flussi. Durante la discussione del team multidisciplinare dei trapianti pediatrici, Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti, mette in evidenza l’enorme vantaggio rappresentato da un trapianto con un organo donato dal padre, che ha già donato il midollo e quindi trasferito la sua immunità al figlio. Questo avrebbe eliminato il rischio di rigetto. Nonostante al Papa Giovanni questa strategia sia stata già adottata per il trapianto di fegato, nel caso del polmone tale intervento non era mai stato fatto in Italia ed aveva pochissimi precedenti in Europa.

Il dott. Colledan spiega ai genitori di Mario che trapiantare al bambino, al posto del suo polmone destro, il lobo inferiore del polmone destro del padre sarebbe stato sufficiente a salvargli la vita.

Prospetta ai genitori anche i possibili rischi del duplice intervento, sia sul padre-donatore sia per il figlio-ricevente, ma viste le condizioni del bambino il bilancio tra rischi e potenziali benefici fanno propendere nettamente in favore di questi ultimi. I genitori di Mario non attendono neanche un istante e si dicono immediatamente pronti.

L'intervento e la fase post operatoria

I genitori di Mario e il prof. Colledan

Durante tutto il periodo di preparazione all'operazione e post operatorio, la famiglia è stata accolta in uno degli appartamenti gestiti dall’Associazione Amici della Pediatria. I tre trascorrono il Natale all’ospedale di Bergamo e il 30 dicembre se ne vanno in attesa di essere richiamati per l’intervento. Alla fine, giunge il fatidico giorno: 17 gennaio. Il trapianto viene eseguito in due sale chirurgiche adiacenti, che lavorarono in parallelo. L’intervento è guidato e coordinato da Michele Colledan, che effettua il trapianto sul bambino, mentre Alessandro Lucianetti esegue il prelievo del lobo polmonare destro dal padre donatore.

Lucianetti, delle 19 parti di cui è composto un polmone, ne toglie 5. Colledan le trapianta subito sul bimbo. Dopo l’intervento, Anduel viene ricoverato per un giorno in Terapia intensiva e dopo circa una settimana viene dimesso.

Mario, invece, resta in Terapia intensiva pediatrica per due settimane. Otto giorni dopo il trapianto, il piccolo raggiunge l'autonomia respiratoria con sospensione della ventilazione invasiva e viene trasferito in degenza ordinaria l'1 febbraio, in Pediatria.

Il decorso clinico risulta molto lineare, con Mario che ricomincia presto le sue normali attività senza bisogno di alcun sostegno respiratorio. I genitori hanno potuto essere presenti in camera ad assistere il bambino per tutto il periodo della degenza.

Il lieto fine e i commenti

Le dimissioni del bambino arrivano martedì 21 febbraio, a poco più di un mese dall’intervento. Mario resterà ancora per qualche tempo a Bergamo per sottoporsi ai controlli post-trapianto. Per il padre, la sola limitazione riguarda una riduzione del venti per cento del volume polmonare complessivo. Va però considerato che le normali riserve polmonari di un uomo adulto consentono, nonostante questa limitazione, non solo di condurre una vita del tutto normale, ma anche di eseguire attività sportiva.

«Un lavoro di equipe in cui molti operatori in perfetta armonia e condivisione hanno raggiunto un risultato che conferma l’ospedale Papa Giovanni di Bergamo tra le strutture di eccellenza sui trapianti a livello nazionale e non solo - ha commentato Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell'ospedale cittadino -. Desidero rivolgere un pensiero affettuoso al piccolo Mario e alla sua famiglia, augurando una vita piena e gioiosa. Credo che qui abbiamo fatto una cosa grande, che gratifica di tanto impegno e sacrifici il nostro personale e mostra nella sua forma più bella la dedizione ai pazienti del nostro Servizio Sanitario».

I genitori di Mario con la direttore Stasi, il prof Colledan e tutto il personale sanitario del Papa Giovanni che ha partecipato all'operazione

Fabio Pezzoli, direttore sanitario del Papa Giovanni, ha invece detto: «Vedere un bambino tornare a respirare autonomamente dopo un trapianto e vederlo uscire dall’ospedale è ciò che rende il nostro lavoro davvero unico. È significativo che ciò sia avvenuto proprio a Bergamo, a tre anni esatti dallo scoppio di una pandemia che ha tolto il respiro a tanti nostri cari. Quello di Mario è certo un caso particolare, avendo ricevuto un dono speciale da suo padre vivente. Ma la sua storia è la testimonianza di quanto sia importante scegliere di donare i propri organi dopo la morte. Questo ha permesso ai nostri professionisti, nel corso di un’attività quasi quarantennale, di trasformare il dolore di una perdita in una possibilità di cura per migliaia di bambini ed adulti che non avevano alternative terapeutiche e in una possibilità di salvare vite umane».

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