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"Il caso Yara" su Netflix fa discutere mezza Italia. Ma è bello, oltre ogni dubbio

La docu-serie ripercorre tutto nei dettagli, tra meriti ed errori nelle indagini. Una novità, perché finora, nelle ricostruzioni, le perplessità erano state messe da parte

"Il caso Yara" su Netflix fa discutere mezza Italia. Ma è bello, oltre ogni dubbio
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di Andrea Rossetti

In tempi di streaming e di piattaforme digitali, su cosa si calibra il successo di un prodotto visivo, film o serie tv che sia? Sicuramente sulle visualizzazioni (corrispettivo moderno degli ascolti), ma siccome questo dato viene gelosamente e segretamente custodito dalle grandi società del settore, un buon metro di giudizio è l’opinione pubblica. Quanto se ne parla, nelle piazze reali e virtuali. In tal senso, è indubbio che Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio, docu-serie in cinque episodi distribuita da Netflix a partire dal 16 luglio, sia un successo.

Da dieci giorni sono tantissimi i post e gli articoli di commento, così come gli spettatori, stando almeno ai dibattiti tra bar e uffici. Visto l’argomento trattato, non stupisce che stia facendo molto discutere anche (se non soprattutto) qui in Bergamasca: l’omicidio di Yara Gambirasio è stato un vero e proprio elettroshock emotivo per la nostra provincia.

Un prodotto di qualità

Diretta da Gianluca Neri e scritta dallo stesso Neri con Carlo Giuseppe Gabardini ed Elena Grillone, la docu-serie rappresenta il secondo lavoro di questo tipo della casa di produzione Quarantadue, che nel dicembre 2020 ha realizzato (sempre per Netflix) un’altra docu-serie di impatto, ovvero SanPa - Luci e tenebre di San Patrignano. In entrambi i casi, si tratta di prodotti di qualità. E questo è un primo dato di cui è necessario prendere atto: a differenza di instant-doc, film, serie e affini realizzati sulla vicenda negli ultimi dieci anni, Il caso Yara è senza ombra di dubbio il migliore dal punto di vista della scrittura, della regia e del contenuto. Sì, anche del contenuto.

Ovviamente, il polverone sollevato dalla docu-serie non riguarda la qualità della fattura, ma ciò che racconta e mostra. I critici la ritengono una narrazione innocentista, tutta in favore di Massimo Bossetti, il muratore di Mapello condannato in tre gradi di giudizio all’ergastolo per l’omicidio della tredicenne di Brembate Sopra.

Eppure il dibattito tra innocentisti e colpevolisti esisteva già prima. Esisteva sin dal processo, da prima delle sentenze, dei ricorsi, delle incalcolabili apparizioni tv degli avvocati difensori. Più che schierarsi da una parte, la docu-serie intende semmai dare rilevanza a una domanda tutt’altro che secondaria e banale: Bossetti risulta davvero «colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio», come recita l’articolo 533 del Codice di procedura penale?

Per i giudici, sì. Ma porre la domanda è legittimo. Perché è risaputo che la verità giudiziaria non sempre, non per forza, corrisponde a quella fattuale. E anche perché Il caso Yara è e resta pur sempre il risultato di un mix di generi (inchiesta, serie tv, documentario) fatto e pensato per attrarre e intrigare.

Massimo Bossetti nell'intervista rilasciata per la docu-serie

Lo sviluppo del racconto - le musiche, le inquadrature, la fotografia - si “accomoda” sulle esigenze narrative. Allo stesso tempo, dietro c’è un lavoro di studio e d’archivio impressionante. Con una perla: l’intervista a Bossetti in carcere. Un’esclusiva per la quale quasi tutti i giornalisti - anche quelli che oggi criticano e “schifano” la docu-serie - avrebbero venduto un rene. Sottoscritto compreso.

Parzialità e domande legittime

Quando puoi giocarti una carta del genere, è ovvio che, in determinate fasi, il racconto assuma toni parziali. Eppure Il caso Yara non lascia indietro niente: ricostruisce dettagliatamente tutto (...)

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Commenti
Zodi

Tangentopoli, calciopoli..ed altri scandali. Avvenuti in Italia, dimostrano come oltra alla colpa , ci può essee anche il dolo.chi parla di aver letto le sentenze, è semplicemente divertente, soprattutto se si pensa a giudici parzialii. I complotti sono noti nella storia dai i tempi di Giulio Cesare,a passabdo da JFK...Ustica... La prova regina , e la distruzione del Dna da parte della PM Ruggieri. Chissà perché!

Emanuele

Anch'io ho visto la serie, poi ho recupeto su internet la sentenza di condanna, in appello, di Bossetti... la serie è ben lontana dall'essere un documentario. Molte delle argomentazioni portate a favore di Bossetti sono già state affrontate (e smentite!) in sede processuale. Ma si sa, bisogna fare audience...

Sergio

"Un colpevole" dovevano trovarlo e lo ha trovato, con buona pace dell'art. 533 del codice di procedura penale. La serie TV di Netflix lo spiega chiaramente.

Gianluigi

Ho visto questo film ed è interessante lasciandoti comunque dei dubbi sull'operato da parte della giustizia ad esempio nel negare i reperti per confrontare il DNA dell' imputato e poi le prove distrutte perché non conservare in modo adeguato,il filmato del furgone anche lì c'è stata una manipolazione sono tante le cose che non quadrano.Alla fine più di tutti le testimonianze di chi ha lavorato indirettamente "giornalisti" e chi ha svolto l' esame sul corpo ha dei dubbi per cui un margine di innocenza ci può essere

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