Il "no" al comprensorio Colere-Lizzola è sbarcato anche in città. E ha fatto il pienone
Tutto esaurito ieri (4 marzo) al teatro di Boccaleone, dove sono state esposte le ragioni dei contrari. La petizione per fermare l'opera è a quota 26 mila firme

Il "no" al nuovo comprensorio sciistico Lizzola-Colere è arrivato forte e chiaro da diverse associazioni e gruppi del territorio e il tema riscontra l'interesse anche di chi vive in città a Bergamo.
Prova ne è il fatto che, dopo aver riempito le sale di Vilminore e Clusone, i contrari hanno fatto il pienone anche nell'incontro organizzato al teatro di Boccaleone ieri, martedì 4 marzo.
«Insostenibile»
L'incontro è stato organizzato da Orobie Vive, Ape Bergamo, Terre Alt(r)e e numerosi gruppi ambientalisti che condividono la convinzione della necessità di ostacolare la realizzazione del collegamento tra Colere e Lizzola nell'ottica di una sua «insostenibilità ambientale ed economica».
Il tunnel nel pizzo di Petto
L'Eco di Bergamo riporta gli interventi dei relatori, a partire da quello dell'ingegnere Angelo Borroni che ha definito come «impresentabile» il progetto di Rs che presuppone la realizzazione di un tunnel nel Pizzo di Petto per collegare i due impianti. Questa idea sarebbe infatti vecchia, con radici negli anni '80, e soprattutto devastante per la montagna, che verrebbe distrutta. A questo si aggiungono i costi, lievitati già da 70 a 79 milioni di euro, ma destinati probabilmente a toccare anche i 90-100 milioni.
Altri modi per ripopolare la montagna
Il sociologo Filippo Barbera, dell'università di Torino, ha risposto invece a chi pensa che l'impianto sia necessario per creare lavoro e combattere lo spopolamento dell'area. Nella sua relazione ha spiegato come ci siano modi alternativi per raggiungere questo stesso obiettivo e anche in modo più efficace.
Non c'è neanche la neve
L'impianto avrebbe anche poco senso alla luce del cambiamento climatico, come spiegato da Ramona Magno dell'osservatorio siccità del Cnr. Magno ha fatto notare come quest'anno ci sia stata una diminuzione della quantità di neve e come questo fenomeno possa risultare semrpe più frequente.
Nel mentre, la petizione lanciata dai gruppi contrari su Change.org ha già raggiunto le 26 mila firme di persone che si oppongono all'opera.
Tutto giusto Francesco Giuseppe, però mi sembra che lei abbia fatto i conti senza l’oste, un oste che si vede sempre di meno: la neve.
Tu non hai partecipato ieri sera, vero?
vero, rimarranno solo i vecchi, il turismo senza sbocchi va altrove. Bisogna sicuramente modificare il progetto, ma bisogna attuarlo e alla svelta
Chi sta in città, considerà le montagne il suo parco giochi dove andare la domenica, mentre chi ci vive vuole lavorare per poter continuare a viverci. Chi sta in città vuole incentivare il turismo per avere attività ed economia alternativa, ma pretende che chi sta in montagno non faccia altrettanto. Economie alternative, quali? È stato vietato di tagliare alberi, di impiantare aziende, di costruire strade, indispensabili per qualunque azienda, di usare i mezzi fuoristrada a due e quattroruote, di usare le motoslitte. Nessuno può creare lavoro in montagna oggi e, dove qualcuno vorrebbe farlo, ecco i soliti finti ecologisti della domenica, che pretendono tutto fermo, perchè loro devono vedere la neve vergine, la terra ben compattaqta per camminare bene, per poi tornare in città con strade asfaltate, senza la neve, a portare i figli a scuola in macchina o bici, comodamente e lavorare in uffici comodi. Lavorare in montagna è anche attirare turisti che spendano e facciano guadagnare chi lavora, non chi gironzola nella neve invernale senza mai spendere un euro, che tutto hanno con se in zaini e va sulle piste a fare sci-alpinismo. Ben vengano iniziative imprenditoriali che sviluppno l'economia della montagna, come questa, e permettano di rimanere in montagna a vivere, senza dover scappare in città. Altrimenti tra pochi anni nelle nostre valli rimarrano solo orsi, lupi e cinghiali.