Intervista sul 2021

La preoccupazione cresce e il sindaco Gori lancia un appello: «Bergamo non ti disunire»

È stato un anno segnato da una ripresa eccezionale, ma il virus non è vinto: «Serve prudenza da parte di tutti, non vanifichiamo tanti sforzi e sacrifici»

La preoccupazione cresce e il sindaco Gori lancia un appello: «Bergamo non ti disunire»
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di Wainer Preda

Sindaco Gori, tracciamo un bilancio di quest’anno…

«Il 2021 non è confrontabile con il terribile 2020. Da febbraio a oggi la disponibilità dei vaccini ha cambiato, in meglio, la storia della nostra lotta contro il Covid, che adesso ci fa meno paura. Ma non ce ne siamo liberati. I nostri pensieri, i nostri discorsi, i nostri comportamenti continuano a essere condizionati dal virus. Ed è questo ciò che più ci pesa, dopo quasi due anni».

Ha chiuso il suo discorso sulle benemerenze ricorrendo a un film. Ha detto: non disuniamoci. Cosa intendeva?

«Sì, è una frase tratta dal bellissimo È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino. Mi è tornata in mente pensando a noi, a Bergamo in questo momento. È un’espressione spesso usata dagli allenatori. Non ti disunire, non perdere di vista l’obiettivo. Così noi: non ci disuniamo. Ci aspettano traguardi importanti, abbiamo faticato per ripartire e non dobbiamo smarrire la fiducia nella possibilità di raggiungerli».

Lei parla di spirito di squadra, ma c’è davvero in tutti i settori?

«Noi non ci siamo limitati soltanto a rialzarci dopo il tornado che ci ha investiti nella primavera dello scorso anno. Ci siamo messi a correre. Ognuno per il suo pezzo, ma con un grande spirito di squadra. Appena ci è stato possibile, ci siamo rimboccati le maniche e ci siamo buttati su quello che sappiamo fare meglio: lavorare, con impegno e intelligenza. Perché lavorare è anche il nostro modo per dire che siamo vivi, e per onorare chi non c’è più. E i risultati sono spettacolari».

La città e i bergamaschi certamente sono cambiati.

«Non ci nascondiamo le difficoltà, che derivano certamente anche dai nostri limiti. Ma mi incoraggia l’energia che mi sembra di cogliere intorno a questa nuova sfida e il desiderio di far sentire ogni cittadino di Bergamo coinvolto. Bergamo cresce più della Lombardia, che cresce più dell’Italia, che cresce più della media europea. I valori della produzione industriale e delle esportazioni sono superiori a quelli del 2019. Hanno ripreso bene anche i servizi, il commercio e il turismo. La disoccupazione è sotto il 3 per cento, il valore più basso in Italia. Sicché la fotografia di questa fine del 2021 ci coglie così, sospesi tra una corsa che ha dell’incredibile e l’incertezza da cui non riusciamo a liberarci».

Cosa cambierà il prossimo anno?

«Nel momento più difficile della nostra storia abbiamo avuto il coraggio di andare avanti, di cercare un riscatto rispetto all’incubo che stavamo vivendo. Ebbene, questo grande sforzo collettivo si è concretizzato con Bergamo e Brescia, Capitale italiana della Cultura 2023. Lavoriamo a questa scadenza, a cui manca ormai solo un anno, con l’ambizione di farne qualcosa di più che una rassegna di spettacoli, di mostre e di concerti a cavallo tra le due città».

È una grande occasione…

«È l’occasione per innescare un doppio movimento: di avvicinamento tra Bergamo e Brescia, territori fratelli, che se capaci di superare le diffidenze e di intrecciare le rispettive forze, a tutti i livelli, possono liberare uno straordinario potenziale. E poi in avanti, verso il futuro, a patto che ogni pezzetto di società che abbiamo coinvolto, dalle istituzioni alle imprese, dalle agenzie formative al terzo settore, trainati dai mondi della cultura, vorrà e saprà fare un passo avanti all’insegna dell’innovazione e della voglia di migliorare».

È questa la città che aveva in mente?

«C’è ancora molto da fare. Per esempio nel settore dell’istruzione e del lavoro. (...)

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