La situazione alla stazione autolinee, lì dove Bergamo ha perso la sua battaglia
Banchine occupate da disperati, resti di bivacchi, escrementi e spaccio alla luce del sole. E tutto dove transitano migliaia di studenti

di Wainer Preda
Una lunga distesa di coperte arruffate e cartoni malmessi. Fra macchie d’urina, bottiglie, vetri rotti, residui di cibo, piccioni, sporcizia e chissà che altro. Un fetore insopportabile si mescola con gli scarichi dei bus. Stesi per terra, ammassi informi di persone. Dormienti o inermi, mentre intorno ragazzotti di colore si agitano, gesticolano, sciamano a gruppi, discutendo a voce alta. Sembra la bidonville di un paese africano. Invece è Bergamo, quella della qualità della vita.
Stazione autolinee, il pomeriggio di mercoledì 19 marzo. Ma potrebbe essere anche un giorno qualunque. Perché il degrado in cui vivono queste persone è costante. E non cambia di una virgola se non peggiorando. Delinquenza e disperazione, non necessariamente in quest’ordine. Un cocktail esplosivo che rischia di scoppiarci in mano. Mentre studenti, turisti e chi ha la sfortuna o l’ardire di passare da queste parti volta la faccia dall’altra parte. Per non vedere. O per evitare che uno sguardo frainteso provochi un’inusitata reazione, persino un’aggressione.
«Benvenuti a Bergamo», recita il murales che campeggia sulle pensiline. Ma ai suoi piedi trovi una terra di nessuno, dove raramente persino le forze dell’Ordine si avventurano. Sì perché i disperati lì sotto sono decine e decine, forse un centinaio. Bivaccano o ciondolano, con la bottiglia in mano. O gli occhi stralunati e strafatti.
Qualcuno impone la legge del più forte. A volte ti sfiora, strafottente. Ti urla frasi in una lingua incomprensibile. Ma il sottotitolo è palese: tanto qui comandiamo noi. Mentre i passeggeri in attesa si raccomandano ai santi in paradiso e sperano che il bus arrivi e parta il prima possibile, per lasciare quest’antro infernale.
Dopo aver sopportato l’impossibile, per la prima volta anche le aziende di trasporto locale hanno preso posizione. In una lettera (...)