La difesa

All'ospedale di Alzano si sono seguiti i protocolli standard, dicono (e questi sono i risultati)

I vertici di Asst Bergamo Est e Regione continuano a ripetere che tutto è stato fatto seguendo le regole, ma le differenze con Codogno sono evidenti: dove si è sbagliato dunque? La ricostruzione dei fatti del 23 febbraio

All'ospedale di Alzano si sono seguiti i protocolli standard, dicono (e questi sono i risultati)
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di Andrea Rossetti

A stabilire eventuali responsabilità penali sarà la Procura. Quel che è certo, però, è che quanto accaduto il 23 febbraio scorso all'ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo rappresenta il riassunto di tutto ciò che, in questo mese e mezzo, non ha funzionato nella sanità lombarda. Che è stata sì travolta da uno tsunami sanitario, come giustamente continuano a sottolineare i vertici regionali, ma che ha anche messo tristemente in luce una serie di inefficienze che sono, purtroppo, costate care.

L'ospedale di Alzano chiuso per due ore domenica 23 febbraio

Nei giorni scorsi, il Corriere della Sera ha ricostruito quanto accaduto quella domenica all'ospedale della Val Seriana partendo dai documenti finora raccolti. Tutto inizia con una frase tanto sincera quanto disarmante, quella che i medici del Pesenti-Fenaroli dicono ai vertici dell'Asst Bergamo Est dopo la scoperta dei primi due pazienti positivi al Covid: «Qui è il delirio, e nessuno sa bene cosa fare». La chiusura del pronto soccorso è sostenuta all'unanimità (o quasi) degli operatori sanitari in loco. L'opzione darebbe il tempo innanzitutto di fare il punto della situazione, e poi di organizzare delle contromisure a cui, fino a quel momento, nessuno aveva colpevolmente pensato. Il dottor Roberto Cosentina, direttore sanitario dell'Asst, si dice d'accordo e si chiude il pronto soccorso in attesa dell'ok definitivo; d'accordo è anche il direttore generale dell'Asst, Francesco Locati, che alza il telefono e avvisa la Regione.

A questo punto, però, qualcosa cambia: Luigi Cajazzo, direttore dell’assessorato alla Sanità, riferisce a Locati la contrarietà della Regione a questo provvedimento. Non si può chiudere un presidio del territorio, non si può pensare solo ai malati di Covid. Riaprire dunque, subito. Unico suggerimento: evitare la turnazione del personale attualmente in servizio e sanificare secondo procedure standard. E così, verso le 18, Locati comunica al direttore sanitario della struttura, il dott. Giuseppe Marzulli, di riaprire. Il resto, purtroppo, è storia nota, a partire dalla lettera allarmante che Marzulli ha scritto il 25 febbraio ai vertici della sua Asst proprio per sottolineare che così la situazione era ingestibile.

Negli ultimi giorni, dopo settimane di silenzio, attraverso Locati la Asst Bergamo Est ha finalmente concesso delle interviste, ma ovviamente scritte, senza contraddittorio e assolutamente inutili a fugare i dubbi delle persone. Sebbene comprensibilmente, Locati, così come la Regione, continua a ripetere di aver seguito alla lettera i protocolli in vigore. Di aver rispettato le regole, insomma. Nulla ci fa supporre che così non sia avvenuto; tutto ci fa pensare, però, che quei protocolli fossero assolutamente insufficienti, datati, non all'altezza della situazione. Basti pensare che il "paziente 1" nel Lodigiano è stato scoperto perché un medico ha deciso di andare contro le direttive ed effettuare un tampone nonostante il soggetto non rientrasse tra i casi che si sarebbero dovuti controllare.

Francesco Locati, direttore dell'Asst Bergamo Est

Inoltre, sono evidenti le differenze tra ciò che è avvenuto nel Lodigiano e ciò che è stato invece deciso di fare ad Alzano. Su due punti, in particolare: la chiusura della struttura e la sanificazione. A Codogno, subito dopo la positività del "paziente 1" si è decisa la chiusura dell'ospedale nonostante l'altra struttura più vicina, quella di Lodi, disti ben 24 km; ad Alzano, riscontrata la positività di due pazienti, si è deciso di non chiudere per non togliere alla gente un presidio sanitario del territorio, ma il Bolognini di Seriate dista appena 7 km. Qualcosa non torna. A tal domanda, Locati al Corriere ha risposto, sostanzialmente, «è stato deciso così». Arrivederci e grazie. E sulla sanificazione, invece: perché ad Alzano la si è fatta fare internamente mentre a Codogno si è chiamata una ditta esterna? Nuovamente Locati al Corriere: «La normale procedura standard è quella a tutt’oggi prevista dai protocolli operativi. La ditta esterna specializzata ha le stesse competenze del nostro personale e tutt’al più strumenti differenti». Strumenti differenti non ci pare una differenza da poco, soprattutto quando diverse testimonianze del personale del Pesenti-Fenaroli riferiscono che la sanificazione si è limitata alla pulizia con asciugamani e stracci.

Non mettiamo in dubbio, dunque, che in quel di Alzano i protocolli siano stati seguiti alla lettera, ma ciò significa allora che a Codogno non è stato fatto lo stesso. E siccome là le cose, sul lungo, sono andate meglio che qua, significa che i protocolli erano sbagliati, o comunque non aggiornati. Cosa decisamente grave. Insomma, le risposte ricevute nei giorni scorsi non solo non fugano i dubbi, ma ne pongono molti altri. Per certi versi ancora più inquietanti.

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